Pubblico impiego: sulla sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di quello penale
Con Sentenza n. 10224 del 28 maggio 2020 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha chiarito che è legittima la scelta della P.a. di riattivare un procedimento disciplinare, dapprima sospeso, anche prima della definizione del processo penale con pronuncia irrevocabile.
IL FATTO- La Corte di Appello, decidendo sul reclamo proposto da un lavoratore nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, confermava la pronuncia del Tribunale che aveva respinto la domanda del dipendente volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli dall’Agenzia, seguito a tre contestazioni disciplinari con cui gli si addebitavano specifici fatti (acquisto e cessione di sostanze stupefacente; possesso di un coltello a serramanico; dichiarazioni non veritiere, etc.). In particolare, la Corte territoriale riteneva che “il procedimento disciplinare già sospeso potesse essere riattivato e concluso anche in pendenza del procedimento penale stante il divieto di deroghe da parte della contrattazione collettiva a quanto disposto dall’art. 55 del d.lgs. n. 165/2001 novellato restando la discrezionalità nel procedere esclusa solo dall’ipotesi in cui fosse intervenuta sentenza penale, discrezionalità affidata, nel suo concreto esercizio, al solo limite generale della buona fede e correttezza che si esprime attraverso l’esercizio del potere di riattivazione non in modo arbitrario”.
Il dipendente censurava la sentenza per aver posto a fondamento della decisione la disciplina di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 (art. 55, comma 1), ritenuta prevalente su quella pattizia.
LA DECISIONE DEL COLLEGIO- La Suprema Corte ha chiarito che:
- con l’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 vi è stata “da parte del legislatore della riforma del 2009 la scelta di introdurre una disciplina normativa di rango primario prevalente su eventuali diverse previsioni della contrattazione collettiva”;
- “quanto al successivo art. 55-ter del medesimo d.lgs., regolante i rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale, è necessario chiarire le caratteristiche dei poteri riconosciuti alla P.A. in ordine alla sospensione del primo in pendenza del secondo. (…) la disciplina relativa alla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego e (…) le integrazioni ad essa derivanti dal d.lgs. n. 150 del 2009, si sono innestate su un regime (…) che prevedeva la sospensione obbligatoria del procedimento disciplinare in pendenza del giudizio penale, successivamente eroso dalla possibilità per la contrattazione collettiva di disporre diversamente (…) ed infine soppiantato dalla disciplina legale ‘imperativa’ di cui al predetto d.lgs. n. 150 del 2009 (…)“;
- “l’art. 55-ter, comma 1, introdotto dal d.lgs. n. 150 cit., ed il principio di tendenziale autonomia del procedimento disciplinare da quello penale che esso esprime, rispondono evidentemente all’esigenza di evitare che la Pubblica Amministrazione sia costretta a lasciare impunite le violazioni disciplinari, per un tempo anche lungo e ciò in una logica che allontana la sanzione da uno spirito esclusivamente repressivo, ma ne manifesta viceversa la natura di strumento di efficienza nel governo del personale”.
- “(…) nel pubblico impiego sussiste un vincolo indissolubile, anche successivamente all’adozione del provvedimento sanzionatorio (…), rispetto al giudicato penale, sicché è naturale che a ciò si accompagni un sensibile grado di discrezionalità nel valutare se condurre a termine il procedimento disciplinare, pur a procedimento penale pendente, specialmente nei casi in cui, avendo la sanzione (sospensione/licenziamento) effetti sulla prestazione acquisibile medio tempore, maggiori siano anche i rischi di pregiudizio anche patrimoniale per il datore di lavoro(…)“.
Da tali principi la Suprema Corte ha fatto discendere la facoltà della Pubblica Amministrazione di sospendere il procedimento disciplinare in presenza di fatti di maggiore gravità e la piena legittimità della scelta di riattivare il procedimento, dapprima sospeso, anche prima della definizione del processo penale con pronuncia irrevocabile, ricordando altresì che “la regola generale dell’autonomia del processo penale e del procedimento disciplinare (della quale la possibilità di sospensione e di riattivazione è indissolubile corollario) costituisce norma imperativa ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 cod. civ., sicché non è derogabile ad opera della contrattazione collettiva”.
Sulla scorta di tanto, dunque, la Corte ha respinto il ricorso del lavoratore licenziato.
Il testo completo della decisione: Cassazione civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 10224 del 2020