Le sabbie mobili del pubblico impiego: un grazie a Brunetta!
Ferie finite, si torna al lavoro. Ma c’è chi rientra in ufficio e sa che nulla cambierà. Potrà darsi da fare, organizzare nuovi servizi, impegnarsi e spronare anche i colleghi, ma nulla cambierà. Per milioni di lavoratori pubblici si apre una stagione di “immobilismo” che durerà anni. Contratti bloccati, stipendi fermi, nessun avanzamento di carriera. Una mannaia per l’intero pubblico impiego, una forte demotivazione per ogni singolo dipendente. “Le persone attendono un rinnovo che sanno non arriverà, non sarà facile trovare nuovi stimoli” spiega Antonio Crispi, segretario nazionale della Fp Cgil: “Ma il quadro è ancora più fosco, se consideriamo che anche gli accordi relativi al passato periodo contrattuale, mi riferisco soprattutto a quelli di secondo livello, sono scaduti e incontrano difficoltà di ogni genere per il rinnovo”.
Una rilevazione dell’Istat, diffusa pochi giorni fa, ha riportato che alla fine di luglio i contratti collettivi nazionali di lavoro, in vigore per la sola parte economica, sono 37 e interessano circa 8,3 milioni di lavoratori. Una quota che rappresenta il 63,8 per cento degli occupati dipendenti e il 60,7 per cento del monte retributivo complessivo. Risultano invece in attesa di rinnovo 41 accordi: parliamo di circa 4,7 milioni di lavoratori e del 39,3 per cento del monte retributivo totale. Particolarmente grave è la situazione del pubblico impiego. Tutti i contratti (per essere chiari: il 100 per cento) delle diverse amministrazioni sono scaduti nel gennaio 2010. In pratica la larga maggioranza dei Ccnl, precisamente l’82,7 per cento del totale, sono in attesa di rinnovo. E questo è solo un aspetto del problema.
“Le diverse amministrazioni, pur dovendo stilare contratti in parte già approvati, chiedono di utilizzare la legge Brunetta (la 150 dell’ottobre 2009, ndr). Ma questa norma non è comunque applicabile perché parliamo di contratti precedenti alla sua emanazione. Una legge che, in ogni caso, andrebbe abolita, visto che mortifica i lavoratori, colpisce la qualità dei servizi e certamente non migliora le prestazioni per icittadini”, continua Crispi. Lo studio dell’Istat fornisce anche un’utile indicazione sulle retribuzioni contrattuali orarie. In generale sono aumentate dello 0,1 per cento rispetto a giugno e del 2,4 rispetto a luglio 2009; gli incrementi minori si sono osservati nei comparti ministeri, scuola, militari-difesa e Vigili del fuoco ((in tutti i casi l’aumento è stato dello 0,6 per cento) e forze dell’ordine (0,5). I dipendenti pubblici, insomma, sono davvero stati messi all’angolo. La questione ora è capire come reagire, come portare a casa tutti gli accordi sospesi (sempre relativi alla precedente tornata contrattuale), come evitare ricadute dannose sul secondo livello di contrattazione.
E i rapporti non facili tra confederazioni sindacali non aiutano certo il raggiungimento di questi “minimi” obiettivi. “All’interno del nostro mondo – spiega Crispi – registriamo divisioni non di poco conto. Al ministero della Giustizia, ad esempio, con la parte minoritaria dei sindacati è stato siglato un accordo integrativo che umilia i lavoratori e aggrava il funzionamento della giustizia in Italia”. D’altro canto, il governo non sembra avere alcun interesse a far funzionare la macchina pubblica: “Sempre restando in questo comparto, quello che importa al governo è fare leggi ‘ad personam’, non investire nella giustizia. Manca la carta per fare le fotocopie? Le persone non sono messe in grado di poter lavorare? Neppure il ministro spende una sola parola”. Tagli indiscriminati, blocco dei contratti e delle retribuzioni, diminuzione degli organici e conseguente aumento dei carichi di lavoro: questi sono gli effetti della finanziaria estiva varata dal governo.
Eppure la Fp Cgil non si dà per vinta, e apre nuovi fronti di discussione. “Due temi si pongono oggi all’attenzione di tutti – spiega ancora il segretario nazionale –: la tutela e il miglioramento dei servizi ai cittadini, la difesa dei precari e del loro lavoro”. Due temi peraltro collegati, considerando che nel pubblico impiego i lavoratori “flessibili” sono spesso impiegati in servizi fondamentali, come scuole materne, asili nido, uffici immigrazione, Croce rossa, Vigili del fuoco, uffici di collocamento, attività di sportello.
“Abbiamo appena sentito le parole del ministro Gelmini sulle migliaia di precari della scuola, parole che rispecchiano fedelmente il pensiero del governo sui precari dell’intero pubblico impiego – osserva Crispi, che poi così conclude: “Stiamo costruendo una ‘piattaforma sul precariato’, che avrà al centro l’esigenza di una nuova organizzazione del lavoro, su cui apriremo una stagione di confronto ad ampio raggio. Il nostro obiettivo è far riconoscere ai precari il diritto al loro posto di lavoro, evidenziando il legame indissolubile tra qualità dei servizi e presenza di questi lavoratori: licenziarli significa ridimensionare, se non addirittura cancellare, tutta una serie di prestazioni fornite ai cittadini. Ricordando a tutti che sono proprio i cittadini più deboli ad avere più bisogno del servizio pubblico”.
Fonte: Rassegna.it