Sul danno da perdita di chance derivante dall’illegittima esclusione da una graduatoria
Con Sentenza n. 4100 del 18 febbraio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro ha affermato che il danno provocato dall’illegittima esclusione da una graduatoria non può essere considerato di per sé stesso un danno, dovendo essere provato dal lavoratore che lo lamenti.
IL FATTO- Una lavoratrice ricorreva giudizialmente, innanzi al Tribunale competente, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, morali e alla vita di relazione subiti per effetto dell’esclusione, dichiarata illegittima, dalle selezioni previste per il conseguimento della promozione. Il Tribunale di prime cure accoglieva il ricorso della lavoratrice, mentre la Corte d’appello riformava la decisione di primo grado.
LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte di Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ha affermato che:
- il lavoratore che lamenti la violazione del datore dell’obbligo di osservare la par condicio fra gli aspiranti alla promozione e chieda il risarcimento dei danni derivanti dalla perdita di chance, deve fornire gli elementi idonei a dimostrare la possibilità che questi avrebbe avuto di conseguire la promozione, sulla base di un calcolo delle probabilità;
- tale possibilità, tuttavia, non può derivare dal semplice calcolo matematico tra numero dei concorrenti e funzioni da assegnare, ma deve tenere conto anche dei vari requisiti posseduti dai candidati, essendo necessaria una comparazione dei titoli.
Ad avviso del Collegio, dunque, il lavoratore che lamenti di essere stato illecitamente escluso da una graduatoria deve provare in ogni modo, anche per presunzioni, di aver subito il relativo danno.
Sulla scorta di tanto, ritenendo non raggiunta la prova della sussistenza di un danno economicamente valutabile, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della lavoratrice.
Il testo completo della decisione: