Pubblico impiego: no alla conversione del rapporto nel caso di abuso del contratto a termine
Con ordinanza n. 3558 dell’11 febbraio 2021, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, si è nuovamente pronunciata sul tema delle conseguenze per l’ipotesi in cui venga accertato l’utilizzo abusivo del contratto a termine da parte della Pubblica Amministrazione confermando l’orientamento interpretativo che nega la possibilità di procedere alla conversione del rapporto da “a termine” a “a tempo indeterminato”.
IL FATTO – La Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Termini Imerese e previa dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato sottoscritto nel caso di specie, aveva condannato la P.A. al risarcimento del danno, quantificato in misura pari a 21 mensilità. La sentenza di appello aveva però rigettato la domanda del ricorrente finalizzata ad ottenere la conversione del rapporto. Con il ricorso per cassazione il lavoratore il lavoratore ha sostenuto che, in caso di possibile assunzione a tempo indeterminato per chiamata diretta dalle liste di collocamento, non debba ritenersi applicabile la regola secondo cui la conversione del rapporto è impedita in ragione dell’applicazione del principio costituzionale dell’accesso all’impiego pubblico mediante concorso.
LA DECISIONE – La Suprema Corte, con l’ordinanza in argomento, ha censurato le doglianze del ricorrente, ribadendo:
- “ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001, nell’impiego pubblico contrattualizzato la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione di lavoratori non può mai comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato”;
- “l’impossibilità, per tutto il settore pubblico, di conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato”;
- l’impossibilità di “sostenere che il divieto di conversione sarebbe privo di copertura costituzionale nei casi in cui, ai seni dell’art. 35, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 165/2001, l’assunzione possa legittimamente essere disposta a prescindere dal previo esperimento di procedura concorsuale, mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento”
In definitiva, la Suprema Corte ha evidenziato come il comma 5 dell’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 si ricolleghi, oltre che al principio sancito dall’art. 97 comma 4 della Costituzione, anche alla necessità di assicurare il buon andamento della P.A., di fatto pregiudicato qualora si optasse per l’immissione stabile nei ruoli a prescindere dall’effettivo fabbisogno del personale e dalla previa programmazione delle assunzioni determinante per garantire efficienza ed economicità della gestione dell’ente pubblico.
Pertanto, la regola di diritto dettata dal Legislatore non ammette eccezioni, trovando applicazione sia nell’ipotesi in cui per l’assunzione a tempo indeterminato non sia richiesto il superamento di concorso pubblico, sia qualora il contratto a termine sia stato stipulato con soggetto selezionato all’esito di procedura concorsuale.
Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 3558/2021.