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Pubblico impiego: il limite massimo dei trentasei mesi per i contratti a termine è complessivo e non aggirabile

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Pubblico impiego: il limite massimo dei trentasei mesi per i contratti a termine è complessivo e non aggirabile

Con Sentenza n. 6089 del 4 marzo 2021, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha dichiarato applicabile ai contratti a termine stipulati dalla pubblica amministrazione il limite di trentasei mesi di durata del rapporto a tempo determinato previsto per il lavoro privato precisandone la portata complessiva con la conseguenza che non può quindi essere aggirato nel caso di avvenuto espletamento di differenti procedure concorsuali.

IL FATTO– La Corte d’Appello di Palermo, in conformità a quanto già statuito dal Tribunale di Trapani, aveva condannato una pubblica amministrazione in ragione del superamento del limite massimo di trentasei mesi per alcuni rapporti a tempo determinato rigettando la tesi  secondo cui nel caso di specie l’abuso non sarebbe stato configurabile perché i lavoratori erano stati oggetto di plurime assunzioni a seguito di differenti procedure concorsuali con la conseguenza che il computo sarebbe dovuto essere azzerato dopo ogni assunzione. Avverso la decisione di secondo grado, la pubblica amministrazione ha proposto gravame.

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE – La Corte di Cassazione, a seguito di uno scrupoloso esame della normativa vigente, ha avuto modo di fare chiarezza su due importanti profili:

a) applicabilità al settore pubblico del limite di trentasei mesi di durata complessiva del rapporto a termine tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per mansioni equivalenti

L’articolo 36 del D.lgs. 165/2001 in tema di contratti di lavoro flessibile nell’ambito della pubblica amministrazione, sia nella formulazione originaria che in quelle che si sono via via succeduto nel tempo, ha fatto rinvio alla disciplina prevista per il lavoro privato e, pertanto, la complessiva durata massima di trentasei mesi costituisce un parametro applicabile anche al settore pubblico.

b) modalità di computo dei trentasei mesi

L’espletamento di diverse procedure concorsuali all’esito delle quali si proceda all’assunzione a termine del medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni equivalenti non incide in alcun modo sul computo dei trentasei mesi. Ed infatti il limite dei trentasei mesi è finalizzato a prevenire l’abuso derivante dalla successione di contratti a termine. Legittimarne il superamento sulla base dell’avvenuto espletamento di differenti e ripetute procedure concorsuali significherebbe svuotare la norma di significato dal momento che, di fatto, ciò comporterebbe l’impiego precario del medesimo lavoratore per un periodo di tempo potenzialmente illimitato.

 

Testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 6089/2021

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