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Sugli onorari professionali per gli avvocati della pubblica amministrazione

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Sugli onorari professionali per gli avvocati della pubblica amministrazione

Con Sentenza n. 8169 del 24 aprile 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha affermato che in tema di retribuzione di risultato, ai dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale non spetta il premio per la prestazione individuale.

IL FATTO- Un Avvocato di ruolo presso un’ASL otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti del datore per il pagamento degli onorari professionali maturati in relazione alla difesa dell’Ente in giudizi che si erano conclusi con la vittoria di questo e con la dichiarazione di compensazione delle spese del giudizio. L’azienda vi si opponeva e il Tribunale adito accoglieva l’opposizione, ritenendo che per il CCNL di riferimento “i compensi di natura professionale spetta[ssero] ai dirigenti Avvocati solo a condizione che la parte avversa soccombente [fosse] stata oggetto di statuizione di condanna alle spese e che le somme a tal titolo liquidate [fossero] state acquisite al patrimonio dell’ Azienda” e non quando fosse stata disposta la compensazione delle spese del giudizio. Su tale presupposto il Tribunale dichiarava illegittima la delibera della P.a. che aveva riconosciuto all’Avvocato la spettanza di ulteriori compensi in caso di definizione dei giudizi conclusi con compensazione delle spese del i Corte di Cassazione, poiché in contrasto con il CCNL. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado.

LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte, confermando le decisioni di primo e secondo grado, ha chiarito che “(…) in tema di retribuzione di risultato, ai dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale non spetta il premio per la prestazione individuale di cui all’art. 61 del C.C.N.L. area dirigenza sanitaria 1996, atteso il chiaro tenore letterale del successivo art. 64 che riconosce loro, quale incentivo, il compenso (…) recuperato a seguito di condanna della parte avversa soccombente”.

Sulla scorta di tanto, ritenendo di dare continuità ai principi affermati dalla recente giurisprudenza in materia il Collegio, ritenendo che la ricorrente nel ricorso e nella memoria non avesse apportato argomenti decisivi tali da imporre la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato, ha rigettato il ricorso dell’Avvocato.

 

Il testo completo della decisione: Cassazione civile, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 8169 del 2020

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