Nullo il contratto di lavoro stipulato dalla Pubblica Amministrazione in mancanza di concorso o a seguito di concorso irregolare
L’art. 97, comma 3, della Costituzione impone l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, ed a mente dell’art. 51, comma 1, i cittadini accedono agli uffici pubblici in condizione di eguaglianza e secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
Sulla scorta di tali principi costituzionali, l’art. 35, comma 1, del D.lgs. n. 165/2001 così prevede: «L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: a) tramite procedure selettive…volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno; b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità».
I FATTI – Una Pubblica Amministrazione aveva proceduto all’annullamento in via di autotutela di un contratto di lavoro sottoscritto a seguito di una procedura concorsuale irregolare (perché riservata esclusivamente a soggetti già dipendenti e non anche ad “esterni” per come imposto dalla vigente normativa). Il lavoratore vincitore della procedura, visto interrompere il rapporto di lavoro, aveva compulsato il Tribunale di Rimini affinché accertasse e dichiarasse l’illegittimità della “revoca” unilaterale operata dalla P.A. in via di autotutela. La domanda veniva rigettata in primo grado. La decisione veniva confermata anche in secondo grado: la Corte d’Appello di Bologna ribadiva la legittimità della “revoca” del contratto ma, allo stesso tempo, precisava come la condotta della P.A. datrice di lavoro avrebbe potenzialmente potuto comportare l’insorgenza di una responsabilità precontrattuale e, di conseguenza, avrebbe potuto portare al riconoscimento di un risarcimento a favore del lavoratore che però, nel caso di specie, non veniva liquidato in assenza della prova del danno (che il lavoratore non si era peritato di dimostrare).
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE – La Suprema Corte, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 21528 del 20 agosto 2019, ribadisce che nell’impiego pubblico contrattualizzato, poiché alla stipula del contratto di lavoro si può pervenire solo a seguito del corretto espletamento delle procedure concorsuali previste dall’art. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001 o, per le qualifiche meno elevate, nel rispetto delle modalità di avviamento di cui al combinato disposto del richiamato art. 35, comma 1, lett. b) e degli artt. 23 e seguenti del d.p.r. n. 487/1994, la mancanza o l’illegittimità delle richiamate procedure si traduce in un vizio genetico del contratto, affetto, pertanto, da nullità, che l’amministrazione, in quanto tenuta a conformare il proprio comportamento al rispetto delle norme inderogabili di legge, può fare unilateralmente valere, perché anche nei rapporti di diritto privato il contraente può rifiutare l’esecuzione del contratto nei casi in cui il vizio renda il negozio assolutamente improduttivo di effetti giuridici. Pertanto il legittimo annullamento in autotutela del concorso interno sulla cui base era stato poi stipulato il contratto di lavoro, consente alla P.A. di considerare caducato il rapporto di lavoro e di non darvi ulteriore esecuzione.
Da quanto sopra deriva che l’eventuale responsabilità della P.A. per l’accaduto non ha natura contrattuale, trattandosi semmai di una tipica fattispecie di responsabilità precontrattuale (e dunque extracontrattuale) ex art. 1338 c.c., per avere la P.A., attraverso l’indizione di un concorso illegittimo e la successiva stipula in base ad esso di un contratto di lavoro nullo, leso l’affidamento altrui. Spetta al lavoratore, quindi, dimostrare la sussistenza del danno in concreto al fine di ottenerne il risarcimento.
Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 21528 del 2019