Legittimo adibire il lavoratore disabile a mansioni non sedentarie ma compatibili con la sua disabilità
Con l’ordinanza n. 25226 dell’11 novembre 2020, la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata circa l’adibizione del lavoratore disabile adibizione a mansioni non sedentarie e diverse rispetto a quelle per le quali era stato assunto.
La Corte territorialmente competente aveva respinto l’appello interposto da un lavoratore disabile con cui questi aveva domandato che, in riforma della decisione del Tribunale, fosse accertato il suo diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente alla sua adibizione a mansioni ritenute incompatibili con la sopravvenuta condizione di disabilità (in quanto non sedentarie) ed ad essere adibito a mansioni “congrue” con il suo status.
Rivolgendosi alla Suprema Corte, il lavoratore ha dunque rilevato come la Sentenza d’appello avesse, a suo dire, disatteso la disciplina a tutela del lavoro degli invalidi applicabile ratione temporis (Legge n. 482/1968) che obbligava l’impresa ad adibire il lavoratore invalido a mansioni non operative (sedentarie) o di dar prova dell’impossibilità di provvedervi. Pertanto, nella ricostruzione del ricorrente, la Corte territoriale d’Appello avrebbe errato nel gravare il lavoratore dell’onere di indicare le posizioni di lavoro disponibili e compatibili con l’obbligo gravante sulla Società datrice così da far erroneamente discendere, in difetto di tale allegazione, l’infondatezza della pretesa.
La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha ritenuto che, alla luce dell’art. 20 della Legge n. 482/1968 e dell’art. 10 della Legge n. 68/1999, «è in facoltà al datore di adibire il prestatore invalido a mansioni diverse da quelle per le quali fu assunto purché compatibili con le condizioni di salute dell’invalido».
Le richiamate disposizioni, se correttamente interpretate, appalesano dunque la correttezza dell’accertamento compiuto nell’ambito dei due gradi del giudizio di merito circa la compatibilità delle mansioni a cui era stato adibito il lavoratore con il suo stato di disabilità (chiaramente emersa dall’espletata CTU) nonché circa il riparto dell’onere probatorio posto, sotto tale specifico profilo, in capo al datore di lavoro.
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Francesco Andretta
art. 20 della Legge n. 482/1968 e art. 10 della Legge n. 68/1999, «è in facoltà al datore di adibire il prestatore invalido a mansioni diverse da quelle per le quali fu assunto purché compatibili con le condizioni di salute dell’invalido», norme primordiali dei CD. Adattamenti ragionevoli della Direttiva 78/2000/CE.