Le assenze del lavoratore per infortunio o malattia professionale non rilevano ai fini del comporto
Con Sentenza n. 2527 del 4 febbraio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha affermato che non si computano nel periodo di comporto le assenze per infortunio o malattia professionale solo quando l’evento lesivo sia avvenuto per mancato adempimento da parte del datore agli obblighi previsti dall’art. 2087 c.c.
IL FATTO- Una lavoratrice impugnava giudizialmente, innanzi al Tribunale competente, il licenziamento irrogatole per il superamento del periodo di comporto, sostenendo la sussistenza di un nesso di causalità tra l’assenza per malattia e l’infortunio sul lavoro precedentemente subito a causa della caduta sul pavimento del punto vendita ove era adibita. Il Tribunale di prime cure disattendeva la domanda della lavoratrice, mentre la Corte di appello ribaltava la decisione di primo grado.
LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte di Cassazione, disattendendo quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ha ritenuto che, in tema di superamento del periodo di comporto, le assenze del lavoratore dovute ad un infortunio sul lavoro ovvero ad una malattia professionale, poiché riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia di cui all’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel periodo di conservazione del posto previsto dalla contrattazione collettiva.
Ad avviso del Collegio, infatti, perché l‘assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale o sia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario, invece, che in relazione ad essa sussista una responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c.
Sulla scorta di tanto, la Corte ha rigettato il ricorso della società ritenendo illegittimo il licenziamento irrogato alla lavoratrice per superamento del periodo di comporto.
Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 2527 del 2020