Giusta causa e giustificato motivo soggettivo: il contratto collettivo non vincola il giudice
Con la Sentenza n. 34422 del 15 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha chiarito che in materia di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo il giudice, chiamato a valutare la proporzionalità tra condotta del lavoratore e sanzione, non è vincolato dalla previsione contenuta in seno al contratto collettivo.
IL FATTO– In riforma della Sentenza del locale Tribunale, la Corte di Appello di Bari aveva dichiarato illegittimo il licenziamento irrogato e condannato il datore di lavoro al pagamento in favore della lavoratrice di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ed infatti la sanzione irrogata è stata ritenuta sproporzionata dal giudice d’appello nonostante fosse stata commisurata sulla base delle previsioni contenute in seno al contratto collettivo.
Avverso la sentenza d’appello, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso per Cassazione censurando la pronuncia nella parte in cui afferma la corretta qualificazione del fatto da parte del datore ed, al contempo, la sproporzionalità tra condotta e sanzione.
LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE– La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza d’appello atteso che «La Corte territoriale si è attenuta al principio, che oramai può ritenersi consolidato in sede di legittimità, secondo cui, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nella attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie […]. La Corte di merito ha correttamente operato nel sussumere la condotta della lavoratrice nell’ipotesi disciplinare di abbandono del posto di lavoro, nella versione sanzionata con il licenziamento con preavviso … e, conseguentemente, ha valutato la proporzionalità tra la condotta e la sanzione applicata». Ed infatti, come già affermato in precedenza, il giudice «non può limitarsi a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile ad una previsione contrattuale, essendo comunque tenuto a valutare in concreto la condotta addebitata e, quindi, la proporzionalità della sanzione». Inoltre, «la giusta causa di licenziamento, così come il giustificato motivo soggettivo, sono nozioni legali rispetto alle quali non sono vincolanti -al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo- le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione».
Il testo completo della decisione può essere estratto dal sito della Corte cliccando qui.