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Legittima la conversione della malattia in ferie per non superare il comporto

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Legittima la conversione della malattia in ferie per non superare il comporto

È illegittimo il licenziamento comminato per superamento del periodo di comporto nel caso in cui il lavoratore, alla fine del periodo di assenza malattia, abbia richiesto di essere collocato in ferie interrompendo così il decorso del periodo di comporto: lo afferma la Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 582/2024.

Secondo la Suprema Corte, al lavoratore assente per malattia è consentito mutare il titolo dell’assenza per fruire delle ferie già maturate, anche se tale facoltà non deve ritenersi incondizionata giacché, dal canto suo, il datore di lavoro – a cui spetta il potere di concedere le ferie da esercitarsi entro i limiti previsti dalla vigente normativa – è chiamato a svolgere un’adeguata considerazione circa la posizione del dipendente che rischia di perdere il posto.

Nel caso di specie, il lavoratore aveva  impugnato dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere il recesso irrogato per superamento del periodo di comporto, deducendo l’erronea computazione di cinque giorni di assenza risalenti all’agosto 2016, a suo dire riferibili, invece, a ferie.

La Corte d’Appello di Napoli aveva poi confermato la pronuncia  sul presupposto che il dipendente – che aveva chiesto di poter beneficiare delle ferie dopo il termine del periodo di malattia – non era tenuto precisare la sua intenzione di interrompere il decorso del comporto.

Sicché la Suprema Corte, nel confermare la pronuncia di merito, ha prioritariamente evidenziato la legittimità di un cambio titolo dell’assenza attraverso la richiesta di fruizione delle ferie già maturate al fine di sospendere il decorso del periodo di comporto.

Infatti, nel nostro ordinamento vige il principio di conversione delle cause di assenza dal lavoro, che ne rende possibile il mutamento del titolo, ancorché in corso, c a patto che sussistano gli estremi per una diversa qualificazione giuridica.

Di conseguenza, per i Giudici di legittimità, laddove una richiesta di ferie sia stata avanzata e sia stata, pure parzialmente, accolta prima del superamento del periodo di comporto, il datore non può conteggiare i relativi giorni di assenza ai fini del calcolo del comporto.

In tale dinamica si innesta la garanzia costituzionale del diritto alle ferie ed il prioritario interesse del dipendente ad evitare, con la fruizione delle stesse o di riposi compensativi già maturati, la possibile perdita del posto di lavoro.

Per leggere la pronuncia integrale: Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ordinanza 582-2024

 

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