Cassazione: l’invalido sospeso cautelativamente ha diritto alla retribuzione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. MONACI Stefano – Consigliere –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 31413-2006 proposto da:
CO.GE.PA. COSTRUZIONI GENERALI PASSARELLI S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
CORSO TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato XXX,
rappresentata e difesa dall’avvocato XXX, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO
14, presso lo studio dell’avvocato XXX, che lo
rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
– ASL/(OMISSIS) NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE FEDERICI 2, presso lo
studio degli avvocati XXX e XXX, che la rappresentano e difendono giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5276/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 09/11/2005 r.g.n. 1507/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/07/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;
udito l’Avvocato XXX per delega XXX;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI COSTANTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso depositato in data 27.6.2003, la COGEPA spa proponeva
appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 14.1.2003,
con la quale era stata parzialmente accolta la domanda di M.
P., invalido avviato al lavoro presso la convenuta, intesa ad
ottenere il pagamento delle retribuzioni maturate tra la data della
sospensione (in attesa del pronunciamento del collegio medico di cui
“infra”) ed il reinserimento in servizio. Il lavoratore era stato
avviato ad accertamento medico presso la competente ASL per
verificare la di lui utilizzabilita’ presso l’impresa, a sensi della
L. n. 468 del 1968, art. 20; dopo un lungo ritardo, la commissione
medica aveva ritenuto il M. inidoneo alla mansioni di manovale,
ma tuttavia utilizzabile in mansioni sedentarie. Il Tribunale aveva
ritenuto tale decisione “favorevole” al lavoratore: di qui in diritto
alle retribuzioni “medio tempore”. La Cogepa insisteva altresi’ per
la condanna della ASL al risarcimento del danno per il ritardo
nell’adempimento amministrativo.
2. La Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza di primo
grado, limitando peraltro la condanna al luglio 2001, data sotto la
quale l’attore risultava avere reperito altro impiego. Questa in
sintesi la motivazione della sentenza di appello:
– infondate sono le censure di violazione del contraddittorio e
ultrapetizione; legittimamente il Tribunale ha utilizzato un
documento prodotto tardivamente dalla stessa Cogepa; trattasi del
documento proveniente dalla ASL e relativo all’accertamento medico;
– la decisione della commissione medica e’ favorevole al lavoratore,
perche’ lo ritiene idoneo a mansioni sedentarie; l’impresa vanamente
allega di non disporre di posti di lavoro sedentari nel cantiere,
dovendosi invece fare riferimento all’intera azienda;
– manca la prova della assoluta impossibilita’ di utilizzo del
lavoratore invalido; la legittimita’ della procedura di sospensione
dell’invalido avviato al lavoro per l’accertamento delle sue
condizioni e’ stata affermata dal Tribunale con capo di pronuncia
passata in giudicato; e tuttavia l’esito dell’accertamento e’
favorevole al lavoratore, onde egli rettamente reclama le
retribuzioni “medio tempore” maturate;
– il risarcimento del danno viene limitato al luglio 2001, data alla
quale il M. e’ stato collocato altrove;
– non risultano elementi per affermare una responsabilita’ della ASL,
essendo il ritardo dovuto a ragioni organizzative e la relativa
contestazione da parte della Cogepa risulta “piuttosto generica”.
3. Ha proposto ricorso per Cassazione la spa Cogepa, deducendo sette
motivi. Resiste con controricorso l’attore M.. La ASL Napoli (OMISSIS)
resiste anch’essa con controricorso. La ricorrente ha presentato
memoria integrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n.
482 del 1968, art. 20, art. 2697 c.c., artt. 112 e 277 c.p.c.:
l’obbligo di “repechage” facente carico al datore di lavoro trova un
limite nel criterio di ragionevolezza; Fattore ha dedotto fino dal
ricorso introduttivo la sussistenza di un obbligo datoriale di
ricercare un posto di lavoro compatibile con le proprie condizioni,
ma nulla ha allegato e dedotto circa una possibile collocazione in
altro sito o in altra mansione. In altri termini, il giudice di
appello non ha dato risposta all’eccezione per cui nell’ambito del
cantiere non esisteva un posto di lavoro con mansioni sedentarie e
non ha rilevato la suddetta carenza di allegazione attorea.
5. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce ulteriore
violazione della L. n. 482 del 1968, art. 20, degli artt. 115 e 420
c.p.c., nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi
dell’art. 360 c.p.c., n. 5: l’obbligo per il datore di lavoro di
retribuire il lavoratore durante il periodo di sospensione presuppone
che la decisione del collegio medico sia stata favorevole al
lavoratore, valutazione questa erronea e non adeguatamente motivata;
tenuto anche conto dell’atteggiamento del lavoratore, favorevole alla
sospensione.
6. Con il terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce ancora
violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3,
della ridetta L. n. 482 del 1968, art. 20, sotto il profilo che la
decisione della commissione medica e’ stata in realta’ sfavorevole al
lavoratore, e per di piu’ ultronea rispetto alla richiesta. La
commissione ha infatti confermato che il M. non e’ utilizzabile
come manovale e non ha tenuto conto che nel cantiere non esistevano
mansioni compatibili con le condizioni dell’attore. D’altra parte un
utilizzo come usciere avrebbe richiesto una vantazione di requisiti
personali e di riservatezza. Lo stesso e’ a dirsi per il settore
amministrativo.
7. Il quarto motivo prospetta ulteriore violazione dell’art. 2697
c.c., artt. 112, 414 e 420 c.p.c., in ragione della apoditticita’ con
la quale e’ stato affermato che il M. poteva essere utilizzato
come impiegato nel settore amministrativo.
8. I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente,
in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati e
vanno disattesi.
9. Va premesso che l’obbligo per il datore di lavoro di occupare una
determinata percentuale di invalidi discende dal dovere di
solidarieta’ sociale, in virtu’ del quale anche le persone portatrici
di menomazioni hanno diritto al lavoro ; l’avviamento delle persone
svantaggiate si pone quindi come un peso imposto alle aziende in
ragione del dovere di cui sopra. Cio’ posto, l’art. 20 della Legge n.
482.1968 dispone tra l’altro che “l’invalido o il datore di lavoro
che lo occupa o lo deve occupare possono chiedere che sia accertato
che la natura e il grado dell’invalidita’ non possa riuscire di
pregiudizio alla salute o all’incolumita’ dei compagni di lavoro od
alla sicurezza degli impianti.
L’accertamento sanitario di cui al precedente comma e’ demandato ad
un collegio medico, nominato dal prefetto, che ha sede presso
l’ufficio provinciale sanitario e composto dal medico provinciale,
che lo presiede, da un ispettore medico, del lavoro da un medico in
rappresentanza dei datori di lavoro e da un medico designato
dall’associazioni, opera od ente, di cui all’ultimo comma dell’art.
15; il lavoratore puo’ farsi assistere da un medico di fiducia.
Lo stesso collegio medico di cui al precedente comma decide, su
ricorso dell’invalido stesso, circa la compatibilita’ dello stato
fisico del ricorrente con le mansioni a lui affidate all’atto
dell’assunzione o successivamente.
Qualora il datore di lavoro, in attesa del giudizio del collegio
medico, allontani dal lavoro l’invalido gia’ assunto ovvero si
rifiuti di assumerlo, e’ tenuto a corrispondere a questi le
retribuzioni perdute nel caso in cui il referto del collegio riesca
favorevole all’invalido. In tale caso il datore di lavoro e’ altresi’
tenuto ad assegnare all’invalido una occupazione compatibile con le
sue condizioni fisiche.
Fermo il disposto dell’art. 2103 c.c., il datore di lavoro ha
facolta’ di adibire l’invalido a mansioni diverse da quelle per le
quali fu assunto purche’ compatibili con le condizioni fisiche
dell’invalido stesso”.
10. Appare evidente, dalla lettura della norma citata, che e’
irrilevante il soggetto dal quale proviene la richiesta di
accertamento da parte della commissione medica, mentre l’onere di
pagare le retribuzioni maturate “medio tempore” durante la
sospensione del rapporto di lavoro per il tempo richiesto dagli
accertamenti presuppone che il giudizio della commissione medica sia
“favorevole” al lavoratore. Nella specie, il giudice di merito ha
preso atto che la commissione medica ha ritenuto il M. idoneo a
mansioni sedentarie e quindi ha ritenuto favorevole al lavoratore il
detto giudizio, con apprezzamento in fatto sufficientemente motivato,
in quando la Corte di Appello ha dato atto che il M. non poteva
riuscire di pregiudizio per l’incolumita’ dei compagni di lavoro e
poteva essere adibito a mansioni sedentarie. Ne’ poteva darsi
ingresso a questo r punto alle allegazioni difensive della Cogepa,
nel senso che nel cantiere non esistevano posizioni di lavoro
sedentarie, oppure che l’adibizione a mansioni di guardiania
richiedeva un “quid pluris” di accertamenti sulla persona del
lavoratore.
11. Il principio di affermare e’ il seguente: qualora l’invalido
avviato obbligatoriamente al lavoro risulti inidoneo alle mansioni
assegnate, puo’ il collegio medico di cui alla L. n. 482 del 1968,
art. 20 indicare mansioni alternative e compatibili con le condizioni
di salute dell’invalido stesso; in tal caso grava sul datore di
lavoro l’onere di provare l’impossibilita’ di assegnare il lavoratore
alla detta mansione; ne’ questi e’ gravato dell’onere di dare
indicazioni circa il suo possibile reimpiego. Ed infatti il datore di
lavoro deve sopportare il “peso” solidaristico dell’assunzione
obbligatoria, mentre l’invalido, tra l’altro non ancora inserito nel
lavoro, non puo’ avere conoscenza dell’assetto organizzativo
dell’impresa e delle mansioni disponibili.
12. Col quinto motivo, parte ricorrente deduce violazione degli artt.
5, 112, 414 e 420 c.p.c., sotto il profilo che il giudice di merito
ha utilizzato un documento tardivamente prodotto, vale a dire il
referto del collegio medico, al di fuori delle questioni prospettate
dalle parti.
13. Il motivo e’ infondato. Il giudice del lavoro ha ampia
discrezionalita’ nell’acquisire documenti che ritenga indispensabili
ai fini della decisione. Inoltre il divieto di produzione di nuovi
documenti non opera quando la parte non ne disponeva all’inizio del
processo ovvero quando la produzione e’ resa necessaria dallo
sviluppo del contraddittorio tra le parti. Nella specie, trattavasi
di documento decisivo, perche’ e’ sulla base di esso che viene
verificata la fondatezza della domanda.
16. Il sesto motivo del ricorso per Cassazione prospetta ulteriore
violazione dell’art. 420 c.p.c., per non essere state ammesse le
prove dedotte dalla convenuta ed atte a dimostrare che non esistevano
mansioni sedentarie nell’ambito aziendale.
17. Il motivo e’ infondato. Il giudice di merito gode di ampia
discrezionalita’ nell’ammettere prove, ove le ritenga rilevanti. Ma
nella specie, per le ragioni esposte a proposito dei motivi che
precedono, era irrilevante accertare l’inesistenza di posizioni
lavorative sedentarie nel singolo cantiere, laddove era all’intero
complesso aziendale che doveva farsi riferimento, e sempre tenendo
presente il carattere sociale e solidaristico dell’assunzione
obbligatoria.
18. Il settimo motivo deduce violazione e falsa applicazione, a sensi
dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 112 e 277 c.p.c., art. 2697
c.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto
circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360
c.p.c., n. 5, per non avere la Corte di Appello dichiarato il
colpevole ritardo da parte della ASL Na (OMISSIS) nell’espletamento degli
accertamenti medici.
19. Il motivo e’ infondato. Il Tribunale dapprima, la Corte di
Appello poi hanno ritenuto che il ritardo sussiste ma non risulta
dovuto a colpa ed e’ stato giustificato documentalmente. Peraltro i
motivi di appello sulla reiezione della domanda di risarcimento del
danno appaiono generici ed inidonei a scalfire la pronuncia resa sul
punto dal Tribunale.
20. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le
spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel
dispositivo nei rapporti tra attore e Cogepa. Va disposta la
distrazione delle spese in favore del difensore, il quale ha reso le
prescritte dichiarazioni. Quanto ai rapporti tra Cogepa e Asl, si
ravvisano giusti motivi per la compensazione, in relazione
all’opinabilita’ della lite ed al fatto che ontologicamente il
ritardo sussisteva.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente COGEPA spa a rifondere a
M.P. le spese del grado, che liquida in Euro 20,00 oltre
Euro tremila per onorari, piu’ spese generali, Iva e Cpa nelle misure
di legge. Autorizza la distrazione di dette spese in favore del
difensore anticipatario avv. Massimo Di Celmo. Compensa le spese del
grado tra la ricorrente Cogepa e l’ASL Napoli (OMISSIS).
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010