Cassazione: l’illecito del lavoratore non è punibile con la riduzione della retribuzione
#ANNO/NUMERO 2011/00896 #SEZ L #NRG 2006/17060
#UDIENZA DEL 06/07/2010 #DEPOSITATO IL 17/01/2011
#MASSIMATA NO#RICORRENTE b.S.
#AVV RICORRENTE xxx
#RESISTENTE s.M.
#AVV RESISTENTE xxx
#UDIENZA DEL 06/07/2010 #DEPOSITATO IL 17/01/2011
#MASSIMATA NO#RICORRENTE b.S.
#AVV RICORRENTE xxx
#RESISTENTE s.M.
#AVV RESISTENTE xxx
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 06/07/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 17060/2006
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17060-2006 proposto da:
B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE
MEDAGLIE D’ORO 169 (STUDIO LEGALE DI xxx), presso lo
studio dell’avvocato xxx che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati xxx, xxx,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 41,
presso lo studio dell’avvocato STUDIO xxxx,
rappresentata e difesa dall’avvocato xxx, giusta mandato a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 635/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 26/10/2005 R.G.N. 1220/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/07/2010 dal Consigliere Dott. MONACI Stefano;
udito l’Avvocato xxx
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne differenze retributive e sul TFR richieste
dal signor B.S. dal 1987 al 1995 (quando era stato
licenziato) per il lavoro svolto presso la ricevitoria del lotto
gestita prima dal signor S.S. e poi dalla signora
S.M..
Costituitosi il contraddicono, ed effettuata l’attivita’ istruttoria,
il giudice di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso
condannando la convenuta S.M. al pagamento di poco piu’
di dodicimila Euro, oltre accessori. In secondo grado, invece, la
Corte d’Appello di Catania andava in contrario avviso e accoglieva
l’impugnazione della S. rigettando le domande del B..
La sentenza argomentava:
che i contratti collettivi di lavoro non erano vincolanti nei
confronti dei soggetti che, come le parti del giudizio, non erano
iscritti alle organizzazioni stipulanti; che, di conseguenza, i
minimi previsti dalla contrattazione collettiva non potevano essere
assunti necessariamente a parametri di quella retribuzione equa e
sufficiente prescritta dall’art. 36 Cost.;
che non poteva essere considerare inadeguata la retribuzione
percepita dal B., che si distaccava per appena l’il per cento
da quella indicata dalla contrattazione collettiva.
Era errata percio’ la sentenza di primo grado che aveva individuato
la retribuzione adeguata applicando le tariffe sindacali al 100%.
Avrebbe dovuto tenersi conto, invece, del fatto che si trattava di
una piccola azienda, operante in una situazione economica in crisi,
come quella del Mezzogiorno d’Italia.
La sentenza sottolineava, infine, che, sul piano della qualita’ della
prestazione, si doveva tenere conto che, pur nel rispetto della
presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, il
B. era imputato dei reati previsti dall’art. 314 c.p. e art.
640 c.p., comma 1, per fatti commessi nell’attivita’ lavorativa alle
dipendenze della S., e che ne erano emerse circostanze tali da
incrinare il rapporto di fiducia che doveva sussistere fra datore di
lavoro e dipendente.
Avverso la sentenza di appello, pubblicata il 26 ottobre 2005, e, per
quanto risulta, non notificata, il B. ha proposto ricorso per
cassazione, con cinque motivi di impugnazione, notificato, in
termine, il 24 maggio 2006.
L’intimata S.M. ha resistito con controricorso
notificato, in termine, il 30 giugno 2006.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive, due memorie
successive il ricorrente B., ed una memoria soltanto la
resistente S..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Nel primo motivo di impugnazione il ricorrente denunzia la
nullita’ della sentenza per contraddittorieta’ tra il dispositivo e
la motivazione, e la manifesta illogicita’ della motivazione di
rigetto delle domande del B. in relazione al dispositivo di
rigetto delle domande della S.M..
La contraddizione comportava una insanabile nullita’ della pronunzia.
2. Nel secondo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza
per violazione e disapplicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c..
Il ricorrente lamenta che la sentenza abbia recepito una nuova
eccezione di merito proposta tardivamente dalla S. nelle note
illustrative finali per l’udienza di discussione, quella secondo cui
i minimi fissati dalla contrattazione collettiva non erano
applicabili alla ditta della S., che era una piccola impresa
operante nel Mezzogiorno; oltre tutto, questa eccezione era
incompatibile con le difese della memoria di costituzione nel
giudizio di primo grado, in cui, invece, la S. aveva eccepito
di avere applicato la contrattazione collettiva.
Il ricorrente contesta anche, nel merito, che sussistessero prove del
fatto che quella della S. fosse una piccola impresa, e comunque
che quella dei gestori del lotto fosse un’attivita’ economica in
crisi.
3. Nel terzo motivo di impugnazione il B. denunzia la nullita’
della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Lamenta
che la sentenza si sia basata appunto arbitrariamente, e senza nessun
supporto probatorio, sul preteso carattere di piccola impresa
operante nel mezzogiorno dell’attivita’ gestita dalla S., e non
abbia tenuto conto invece degli elementi di prova raccolti in
giudizio, ne’ del fatto che la stessa S. avesse sostenuto nella
memoria di costituzione e difesa in primo grado di avere inteso
pagare e pagato al B. i minimi previsti CCNL del commercio.
4. Nel quarto motivo il ricorrente denunzia la nullita’ della
sentenza per violazione e disapplicazione e/o falsa applicazione ed
erronea interpretazione della L. n.300 del 1970, art. 36, dell’art.36
Cost., e dell’art. 27 Cost., comma 2.
Le violazioni lamentate sarebbero derivate dal fatto di avere
ritenuto che un’azienda concessionaria di pubblici servizi, nel caso
specifico una rivendita di tabacchi e concessionaria della
Lottomatica, tenuta per legge a corrispondere una retribuzione non
inferiore ai minimi della contrattazione collettiva, potesse
corrispondere una retribuzione inferiore dell’undici per cento
rispetto a quei minimi, e non corrispondere la 13 e la 14 mensilita’.
Ne’ poteva rilevare ai fini della congruita’ della retribuzione il
fatto che il B. fosse stato accusato di fatti penalmente
rilevanti commessi nel corso della prestazione di lavoro.
5. Nel quinto ed ultimo motivo di impugnazione il B. denunzia
la nullita’ della sentenza per erronea, illogica, insufficiente e
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia,
riscontrabili d’ufficio e prospettati dalle parti, in ordine
all’applicazione da parte della datrice di lavoro dei minimi del CCNL
del commercio ed in ordine all’estraneita’ delle accuse penali alta
retribuzione spettante.
6. Il primo motivo di impugnazione, sull’esistenza di vizi nel
dispositivo della sentenza impugnata, prospetta una questione di
carattere procedurale che, nel caso di specie, e’ logicamente
successiva rispetto agli altri motivi che concemono questioni di
merito, e che pertanto debbono essere esaminati per primi.
7. Il secondo motivo di impugnazione e’ infondato, per la
considerazione assorbente che quella relativa al carattere di piccola
impresa della attivita’ della resistente non e’ una eccezione, ma una
semplice argomentazione difensiva, che poteva essere svolta anche in
un momento successivo al primo atto di costituzione in giudizio.
8. I successivi motivi di impugnazione sul merito, il terzo, ed il
quarto ed il quinto, sono strettamente connessi, e debbono essere
trattati congiuntamente.
A differenza del secondo motivo, questi ultimi sono fondati.
9. L’argomentazione secondo cui la qualita’ di piccola impresa
operante nel Mezzogiorno giustificherebbe la mancata applicazione dei
minimi della contrattazione collettiva e’ infondata nel merito.
Le tabelle salariali allegate alla contrattazione collettiva sono
state elaborate dalle contrapposte parti sindacali tenendo conto
anche dell’esistenza e delle esigenze delle piccole imprese, ed anche
delle difficolta’ in cui si potevano trovare quelle che operavano in
alcune zone del paese.
Non per caso quelli previsti dalla contrattazione collettiva sono
appunto dei minimi salariali.
Il ricorrente fonda la propria richiesta sulla violazione dell’art.36
Cost., che impone al datore di lavoro di corrispondere al dipendente
una retribuzione proporzionata alla quantita’ ed alla qualita’ del
lavoro prestato.
L’applicazione di questi criteri comporta un giudizio equitativo, che
deve essere motivato.
La retribuzione proporzionata prescritta dalla norma costituzionale
e’, nella normalita’ dei casi, quella fissata dalle parti sociali
contrapposte nella contrattazione collettiva. Per discostarsi da
questo criterio consolidato e ritenere adeguata la motivazione
corrisposta al B., la motivazione della sentenza impugnata ha
fatto riferimento genericamente alle retribuzioni correnti nelle
piccole imprese operanti nel mezzogiorno d’Italia, e non
specificamente a quelle delle ricevitorie del gioco del lotto, senza
fornire nessun riferimento ad elementi concreti, e senza tener conto
del fatto notorio che condizioni generali di crisi economica (come
quelle esistenti, in particolare, nel Mezzogiorno d’Italia)
favoriscono il diffondersi del gioco del lotto (e di quelli affini),
non il contrario, e percio’ l’attivita’ delle ricevitorie.
L’argomentazione posta alla base della valutazione del giudice di
merito sull’adeguatezza della retribuzione anche per verificare se
non vi sia stata una violazione del principio costituzionale di cui
all’art.36 Cost., e’ dunque irrazionale ed insufficiente.
Ne sussiste, infine, alcun rapporto tra le accuse mosse al signor
B. e la determinazione delle differenze retributive di sua
spettanza.
Il fatto che il lavoratore subordinato abbia commesso un illecito,
con conseguente danno patrimoniale, a discapito del datore di lavoro,
legittima quest’ultimo a proporre un’azione di risarcimento
(eventualmente in via riconvenzionale, qualora il lavoratore abbia
agito per il pagamento della retribuzione) e ad ottenere poi la
compensazione con i controcrediti del lavoratore, ma non gli
attribuisce il diritto di ottenere dal giudice una riduzione delle
retribuzioni dovute al prestatore, in sede di adeguamento ex art. 36
Cost., comma 1.
10. Rimane, infine, da esaminare il primo motivo di impugnazione, che
propone una problematica logicamente successiva, che rimane assorbita
dall’accoglimento dei motivi di merito.
Non e’ esatto che sussiste un contrasto fra il dispositivo e la
motivazione; si e’ verificato, piuttosto, un errore materiale
all’interno dello stesso dispositivo, con un contrasto tra
l’accoglimento dell’appello, ed il rigetto delle domande proposte
dall’appellante (vale a dire dalla signora S.M.).
E’ problematico se l’errore materiale del giudice di merito possa
essere corretto dal giudice di cassazione (in senso contrario, Cass.
civ., 20 febbraio 2006, n.3656), ma – come si e’ detto – nel caso di
specie la censura rimane assorbita dall’accoglimento dei successivi
motivi di impugnazione sul merito.
11. Conclusivamente, dunque, il ricorso deve essere accolto
relativamente al terzo, il quarto ed al quinto motivo di
impugnazione, con il rigetto del secondo motivo e l’assorbimento del
primo.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la
causa rimessa per un nuovo esame da compiere secondo i principi ed i
criteri esposti in motivazione, ad un nuovo giudice di merito, che si
individua nella Corte d’Appello di Caltanissetta, cui e’ opportuno
rimettere anche la liquidazione delle spese di questa fase di
legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso relativamente al terzo, al quarto ed al
quinto motivo di impugnazione, assorbiti gli altri; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le
spese alla Corte d’Appello di Caltanissetta.
Cosi’ deciso in Roma, il 6 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17060-2006 proposto da:
B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE
MEDAGLIE D’ORO 169 (STUDIO LEGALE DI xxx), presso lo
studio dell’avvocato xxx che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati xxx, xxx,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 41,
presso lo studio dell’avvocato STUDIO xxxx,
rappresentata e difesa dall’avvocato xxx, giusta mandato a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 635/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 26/10/2005 R.G.N. 1220/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/07/2010 dal Consigliere Dott. MONACI Stefano;
udito l’Avvocato xxx
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne differenze retributive e sul TFR richieste
dal signor B.S. dal 1987 al 1995 (quando era stato
licenziato) per il lavoro svolto presso la ricevitoria del lotto
gestita prima dal signor S.S. e poi dalla signora
S.M..
Costituitosi il contraddicono, ed effettuata l’attivita’ istruttoria,
il giudice di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso
condannando la convenuta S.M. al pagamento di poco piu’
di dodicimila Euro, oltre accessori. In secondo grado, invece, la
Corte d’Appello di Catania andava in contrario avviso e accoglieva
l’impugnazione della S. rigettando le domande del B..
La sentenza argomentava:
che i contratti collettivi di lavoro non erano vincolanti nei
confronti dei soggetti che, come le parti del giudizio, non erano
iscritti alle organizzazioni stipulanti; che, di conseguenza, i
minimi previsti dalla contrattazione collettiva non potevano essere
assunti necessariamente a parametri di quella retribuzione equa e
sufficiente prescritta dall’art. 36 Cost.;
che non poteva essere considerare inadeguata la retribuzione
percepita dal B., che si distaccava per appena l’il per cento
da quella indicata dalla contrattazione collettiva.
Era errata percio’ la sentenza di primo grado che aveva individuato
la retribuzione adeguata applicando le tariffe sindacali al 100%.
Avrebbe dovuto tenersi conto, invece, del fatto che si trattava di
una piccola azienda, operante in una situazione economica in crisi,
come quella del Mezzogiorno d’Italia.
La sentenza sottolineava, infine, che, sul piano della qualita’ della
prestazione, si doveva tenere conto che, pur nel rispetto della
presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, il
B. era imputato dei reati previsti dall’art. 314 c.p. e art.
640 c.p., comma 1, per fatti commessi nell’attivita’ lavorativa alle
dipendenze della S., e che ne erano emerse circostanze tali da
incrinare il rapporto di fiducia che doveva sussistere fra datore di
lavoro e dipendente.
Avverso la sentenza di appello, pubblicata il 26 ottobre 2005, e, per
quanto risulta, non notificata, il B. ha proposto ricorso per
cassazione, con cinque motivi di impugnazione, notificato, in
termine, il 24 maggio 2006.
L’intimata S.M. ha resistito con controricorso
notificato, in termine, il 30 giugno 2006.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive, due memorie
successive il ricorrente B., ed una memoria soltanto la
resistente S..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Nel primo motivo di impugnazione il ricorrente denunzia la
nullita’ della sentenza per contraddittorieta’ tra il dispositivo e
la motivazione, e la manifesta illogicita’ della motivazione di
rigetto delle domande del B. in relazione al dispositivo di
rigetto delle domande della S.M..
La contraddizione comportava una insanabile nullita’ della pronunzia.
2. Nel secondo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza
per violazione e disapplicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c..
Il ricorrente lamenta che la sentenza abbia recepito una nuova
eccezione di merito proposta tardivamente dalla S. nelle note
illustrative finali per l’udienza di discussione, quella secondo cui
i minimi fissati dalla contrattazione collettiva non erano
applicabili alla ditta della S., che era una piccola impresa
operante nel Mezzogiorno; oltre tutto, questa eccezione era
incompatibile con le difese della memoria di costituzione nel
giudizio di primo grado, in cui, invece, la S. aveva eccepito
di avere applicato la contrattazione collettiva.
Il ricorrente contesta anche, nel merito, che sussistessero prove del
fatto che quella della S. fosse una piccola impresa, e comunque
che quella dei gestori del lotto fosse un’attivita’ economica in
crisi.
3. Nel terzo motivo di impugnazione il B. denunzia la nullita’
della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Lamenta
che la sentenza si sia basata appunto arbitrariamente, e senza nessun
supporto probatorio, sul preteso carattere di piccola impresa
operante nel mezzogiorno dell’attivita’ gestita dalla S., e non
abbia tenuto conto invece degli elementi di prova raccolti in
giudizio, ne’ del fatto che la stessa S. avesse sostenuto nella
memoria di costituzione e difesa in primo grado di avere inteso
pagare e pagato al B. i minimi previsti CCNL del commercio.
4. Nel quarto motivo il ricorrente denunzia la nullita’ della
sentenza per violazione e disapplicazione e/o falsa applicazione ed
erronea interpretazione della L. n.300 del 1970, art. 36, dell’art.36
Cost., e dell’art. 27 Cost., comma 2.
Le violazioni lamentate sarebbero derivate dal fatto di avere
ritenuto che un’azienda concessionaria di pubblici servizi, nel caso
specifico una rivendita di tabacchi e concessionaria della
Lottomatica, tenuta per legge a corrispondere una retribuzione non
inferiore ai minimi della contrattazione collettiva, potesse
corrispondere una retribuzione inferiore dell’undici per cento
rispetto a quei minimi, e non corrispondere la 13 e la 14 mensilita’.
Ne’ poteva rilevare ai fini della congruita’ della retribuzione il
fatto che il B. fosse stato accusato di fatti penalmente
rilevanti commessi nel corso della prestazione di lavoro.
5. Nel quinto ed ultimo motivo di impugnazione il B. denunzia
la nullita’ della sentenza per erronea, illogica, insufficiente e
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia,
riscontrabili d’ufficio e prospettati dalle parti, in ordine
all’applicazione da parte della datrice di lavoro dei minimi del CCNL
del commercio ed in ordine all’estraneita’ delle accuse penali alta
retribuzione spettante.
6. Il primo motivo di impugnazione, sull’esistenza di vizi nel
dispositivo della sentenza impugnata, prospetta una questione di
carattere procedurale che, nel caso di specie, e’ logicamente
successiva rispetto agli altri motivi che concemono questioni di
merito, e che pertanto debbono essere esaminati per primi.
7. Il secondo motivo di impugnazione e’ infondato, per la
considerazione assorbente che quella relativa al carattere di piccola
impresa della attivita’ della resistente non e’ una eccezione, ma una
semplice argomentazione difensiva, che poteva essere svolta anche in
un momento successivo al primo atto di costituzione in giudizio.
8. I successivi motivi di impugnazione sul merito, il terzo, ed il
quarto ed il quinto, sono strettamente connessi, e debbono essere
trattati congiuntamente.
A differenza del secondo motivo, questi ultimi sono fondati.
9. L’argomentazione secondo cui la qualita’ di piccola impresa
operante nel Mezzogiorno giustificherebbe la mancata applicazione dei
minimi della contrattazione collettiva e’ infondata nel merito.
Le tabelle salariali allegate alla contrattazione collettiva sono
state elaborate dalle contrapposte parti sindacali tenendo conto
anche dell’esistenza e delle esigenze delle piccole imprese, ed anche
delle difficolta’ in cui si potevano trovare quelle che operavano in
alcune zone del paese.
Non per caso quelli previsti dalla contrattazione collettiva sono
appunto dei minimi salariali.
Il ricorrente fonda la propria richiesta sulla violazione dell’art.36
Cost., che impone al datore di lavoro di corrispondere al dipendente
una retribuzione proporzionata alla quantita’ ed alla qualita’ del
lavoro prestato.
L’applicazione di questi criteri comporta un giudizio equitativo, che
deve essere motivato.
La retribuzione proporzionata prescritta dalla norma costituzionale
e’, nella normalita’ dei casi, quella fissata dalle parti sociali
contrapposte nella contrattazione collettiva. Per discostarsi da
questo criterio consolidato e ritenere adeguata la motivazione
corrisposta al B., la motivazione della sentenza impugnata ha
fatto riferimento genericamente alle retribuzioni correnti nelle
piccole imprese operanti nel mezzogiorno d’Italia, e non
specificamente a quelle delle ricevitorie del gioco del lotto, senza
fornire nessun riferimento ad elementi concreti, e senza tener conto
del fatto notorio che condizioni generali di crisi economica (come
quelle esistenti, in particolare, nel Mezzogiorno d’Italia)
favoriscono il diffondersi del gioco del lotto (e di quelli affini),
non il contrario, e percio’ l’attivita’ delle ricevitorie.
L’argomentazione posta alla base della valutazione del giudice di
merito sull’adeguatezza della retribuzione anche per verificare se
non vi sia stata una violazione del principio costituzionale di cui
all’art.36 Cost., e’ dunque irrazionale ed insufficiente.
Ne sussiste, infine, alcun rapporto tra le accuse mosse al signor
B. e la determinazione delle differenze retributive di sua
spettanza.
Il fatto che il lavoratore subordinato abbia commesso un illecito,
con conseguente danno patrimoniale, a discapito del datore di lavoro,
legittima quest’ultimo a proporre un’azione di risarcimento
(eventualmente in via riconvenzionale, qualora il lavoratore abbia
agito per il pagamento della retribuzione) e ad ottenere poi la
compensazione con i controcrediti del lavoratore, ma non gli
attribuisce il diritto di ottenere dal giudice una riduzione delle
retribuzioni dovute al prestatore, in sede di adeguamento ex art. 36
Cost., comma 1.
10. Rimane, infine, da esaminare il primo motivo di impugnazione, che
propone una problematica logicamente successiva, che rimane assorbita
dall’accoglimento dei motivi di merito.
Non e’ esatto che sussiste un contrasto fra il dispositivo e la
motivazione; si e’ verificato, piuttosto, un errore materiale
all’interno dello stesso dispositivo, con un contrasto tra
l’accoglimento dell’appello, ed il rigetto delle domande proposte
dall’appellante (vale a dire dalla signora S.M.).
E’ problematico se l’errore materiale del giudice di merito possa
essere corretto dal giudice di cassazione (in senso contrario, Cass.
civ., 20 febbraio 2006, n.3656), ma – come si e’ detto – nel caso di
specie la censura rimane assorbita dall’accoglimento dei successivi
motivi di impugnazione sul merito.
11. Conclusivamente, dunque, il ricorso deve essere accolto
relativamente al terzo, il quarto ed al quinto motivo di
impugnazione, con il rigetto del secondo motivo e l’assorbimento del
primo.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la
causa rimessa per un nuovo esame da compiere secondo i principi ed i
criteri esposti in motivazione, ad un nuovo giudice di merito, che si
individua nella Corte d’Appello di Caltanissetta, cui e’ opportuno
rimettere anche la liquidazione delle spese di questa fase di
legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso relativamente al terzo, al quarto ed al
quinto motivo di impugnazione, assorbiti gli altri; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le
spese alla Corte d’Appello di Caltanissetta.
Cosi’ deciso in Roma, il 6 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011