Cassazione: il dipendente licenziato per ritorsione ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 22/09/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 25402/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOGLIA Raffaele – rel. Presidente –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 25402/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOGLIA Raffaele – rel. Presidente –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ACISERVICE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, xxx,
presso lo studio dell�avvocato xxx, che la
rappresenta e difende unitamente all�avvocato xxx, giusta
delega a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, xxx, presso lo studio dell�avvocato xxx, che la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5362/2006 della CORTE D�APPELLO di NAPOLI,
depositata il 04/10/2006 R.G.N. 1446/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FOGLIA;
udito l�Avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO;
udito l�Avvocato BIASCI RENATO PIERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 5 luglio 2002, D.A. impugnava
davanti al Tribunale di Napoli, il proprio trasferimento, disposto
dalla societa�, dalla sede (OMISSIS), nonche�
il licenziamento successivamente intimatole invocando la condanna
alla reintegra nel posto di lavoro con gli ulteriori effetti di cui
all�art. 18 Stat. lav. in via gradata, la ricorrente invocava la
declaratoria di inefficacia di tale licenziamento L. n. 604 del 1966,
ex art. 2 e, in via ulteriormente subordinata, la declaratoria di
illegittimita� del licenziamento per carenza di giustificato motivo
oggettivo, con conseguente condanna ai sensi della L. n. 604 del
1966, art. 8.
La ricorrente riferiva di aver collaborato con la societa� convenuta
sin dal 1.2.1999, con contratto di formazione e lavoro, poi
trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, svolgendo
mansioni di addetta allo sportello aperto al pubblico, e di aver
curato, fino al 2000 la gestione delle polizze assicurative r.c.a,
nonche� (unica tra i dipendenti in servizio, dall�ottobre 2000), il
“controllo della documentazione amministrativa pervenuta dai delegati
A.C.I.�;
Aggiungeva la ricorrente di essere stata ammessa, dall�INPS, al
godimento delle agevolazioni di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33
(abrogato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 86) per le condizioni di
salute del coniuge affetto da grave handicap; e di aver informato di
tale circostanza il proprio datore di lavoro, il quale, pochi giorni
dopo, le comunicava il trasferimento alla sede di (OMISSIS) a
decorrere dal 7 gennaio 2002, mentre il suo posto di lavoro veniva
occupato da altra dipendente, per pochi giorni. Deduceva, inoltre,
che il trasferimento a (OMISSIS) la costringeva a tempi superiori di
percorrenza necessari per raggiungere la nuova sede di lavoro, cosi�
impedendole di poter agevolmente accudire il marito.
In data 25 marzo 2002, pochi giorni prima dell�udienza di
comparizione in sede cautelare, l�Aciservice revocava il
trasferimento, e successivamente – al suo rientro dalla malattia � la
lavoratrice riceveva lettera di licenziamento con decorrenza
immediata, giustificato da una nuova complessiva riorganizzazione
aziendale.
Avverso tale licenziamento l�attrice, dopo aver posto a disposizione
della controparte le sue prestazioni lavorative, proponeva ricorso
invocando la tutela reale, stante la sussistenza del requisito
occupazionale.
Si costituiva in giudizio la societa� convenuta la quale faceva
presente che, a seguito di scorporo dell�agenzia generale di Napoli
si erano create le condizioni per un aumento di portafoglio nella
provincia di (OMISSIS), il che avrebbe richiesto l�apertura di un
nuovo ufficio, per il quale, dal gennaio 2002 erano stati assunti
alcuni lavoratori a tempo determinato.
Con sentenza del 18 novembre 2005, il Tribunale di Napoli dichiarava
l�illegittimita� del licenziamento, condannando la societa� convenuta
alla riassunzione, o al risarcimento dei danni L. n. 604 del 1966, ex
art. 8.
Avverso detta sentenza proponeva appello la D. lamentando il
carattere ritorsivo del licenziamento, la cui reale giustificazione
era da rinvenirsi nel rifiuto del provvedimento di trasferimento.
Si costituiva la societa� appellata resistendo al gravame e spiegando
a sua volta appello incidentale invocando l�integrale rigetto di ogni
istanza della lavoratrice.
Secondo la societa� appellata doveva ritenersi infondata
l�impugnazione nella parte in cui sosteneva come sussistente il
requisito dimensionale idoneo all�invocata tutela reale.
Con sentenza del 4 ottobre 2006, della Corte territoriale �
considerando che le mansioni cui era addetta la lavoratrice
continuarono ad essere svolte in ambito aziendale quanto meno fino al
luglio 2003, ossia per oltre un anno dal licenziamento – accoglieva
l�appello principale e dichiarava illegittimi sia l�impugnato
trasferimento, sia il licenziamento, ordinando alla societa�
appellata di reintegrare l�appellante nel suo posto di lavoro, ovvero
in altri con mansioni equivalenti.
Precisava la Corte territoriale che il licenziamento impugnato non
solo era illegittimo, ma anche pretestuoso unito al connesso
trasferimento, anch�esso immotivato al pari della sua successiva
revoca.
La sentenza di appello condannava inoltre la societa� a risarcire il
danno in favore dell�appellante in misura pari alle ultime
retribuzioni mensili globali di fatto, sino alla effettiva
reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e
interessi legali sulle somme via via rivalutate, con decorrenza dalla
maturazione di ciascun rateo sino all�effettivo soddisfo, nonche� al
versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, detratto
quanto eventualmente gia� corrisposto all�interessata per indennita�
sostitutiva del preavviso e per t.f.r..
Avverso detta sentenza di appello ricorre la societa� convenuta con 4
motivi cui resiste la D. con controricorso. In prossimita�
dell�udienza, la societa� ricorrente ha depositato memoria ex art.
378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo mezzo di gravame la societa� ricorrente denunzia carenza e
contraddittorieta� della motivazione la quale si impernia sul rilievo
che all�esito dell�istruttoria era emerso come le mansioni cui era
addetta la D. (in particolare, il controllo di produzioni
delegate) continuarono ad essere svolte almeno sino al luglio 2003, e
quindi, per oltre un anno dopo il licenziamento della resistente.
Tale asserzione viene sostenuta per relationem con la sentenza di
primo grado, operazione, questa, che sarebbe legittima soltanto se il
Giudice di appello, condividendo testualmente le argomentazioni del
Tribunale di Napoli, si fosse fatto carico di esprimere le ragioni
della conferma della pronunzia di riferimento in relazione ai motivi
di impugnazione proposti.
A giudizio della ricorrente – la Corte territoriale non avrebbe
affatto esaminato le circostanze di fatto da considerarsi decisive
come il dimezzamento del portafoglio e l�incidenza, sulla attivita�
di controllo produzione delegati svolta dalla lavoratrice, del
processo di informatizzazione, gia� in corso. Ne� varrebbe opporre
che la soppressione delle mansioni gia� assegnate alla resistente fu
parziale in quanto resa possibile dall�instaurazione di rapporti di
lavoro speciali (lavoro interinale, lavoro “parasubordinato” ex art.
409 c.p.c., n. 3 ecc).
Inoltre, la sentenza impugnata non avrebbe sufficientemente motivato
in ordine all�osservazione mossa dalla societa� secondo la quale non
sarebbe stato possibile adibire la lavoratrice, in alternativa al suo
licenziamento, a mansioni equivalenti a quelle da ultimo svolte.
Il motivo non e� fondato.
Che il portafoglio clienti dell�Aciservice s.r.l. fosse integro o
ridotto poco importa rilevando unicamente se le funzioni di
“controllo produzione delegati” venissero o meno svolte
successivamente al licenziamento della lavoratrice.
Al quesito la Corte territoriale ha fornito una risposta positiva
all�esito delle deposizioni dei testi D.M., D.P. e
C. secondo cui le mansioni della lavoratrice continuarono ad
essere svolte per oltre un anno dal licenziamento. A tale risultato
perviene la Corte di appello napoletana richiamando testualmente le
“precise ed ampie argomentazioni” svolte dal Giudice di primo grado,
la cui coerenza logica e giuridica non lasciavano spazio ad ulteriori
considerazioni.
Non puo�, quindi, parlarsi di “carenza o contraddittorieta� della
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo, dal momento
che l�accertamento, in punto di fatto operato dal Giudice di appello,
di per se� assorbente e decisivo risulta ampiamente motivato.
Altrettanto priva di consistenza l�altra censura di cui al primo
motivo di ricorso concernente l�asserita riduzione del portafoglio
nonche� l�incidenza del processo di informatizzazione in corso.
Correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che l�utilizzazione
dei nuovi lavoratori assunti con contratti a termine o con contratti
di lavoro interinale, pur avendo dovuto svolgere “mansioni di
movimentazione dei fascicoli” furono, di fatto, adibiti in via
prevalente a mansioni di “cassa e sportello” mansioni che la
D. aveva in passato svolto e alle quali avrebbe potuto
essere adibita in alternativa al licenziamento.
Col secondo motivo � denunciando la violazione e falsa applicazione
della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 anche in relazione all�art.
2697 c.c. – la societa� ricorrente richiama l�insegnamento
consolidato della giurisprudenza secondo cui alla nozione di
giustificato motivo oggettivo di licenziamento e� riconducibile anche
l�aspetto del riassetto organizzativo, attuato al fine di realizzare
una piu� economica gestione di esso, espressione del diritto ex art.
41 Cost., senza che il Giudice possa sindacare tali scelte.
Il motivo non e� fondato.
Se e� senz�altro vero che, secondo l�art. 41 Cost. l�assetto
organizzativo e produttivo dell�impresa e� rimesso alla “libera”
valutazione del datore di lavoro, ogni valutazione circa
l�opportunita� di interventi modificativi che comunque siano
giustificati da ragioni oggettive (un giustificato motivo oggettivo)
e� anche vero che, la liberta� di iniziativa economica privata “non
puo� svolgersi in contrasto con l�utilita� sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla liberta� ed alla dignita� umana.
Questo limite “costituzionalmente prefissato” trova riscontro nella
legislazione del lavoro in varie circostanze caratterizzate dalla
necessita� di tutelare diritti fondamentali del lavoratore, tra cui
quello avente per oggetto la conservazione del posto di lavoro,
rispetto al quale la L. n. 604 del 1966, e piu� specificamente l�art.
18 dello Statuto dei lavoratori (cui deve aggiungersi l�art. 30 del
Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, in vigore dal 1 gennaio
2009) stabiliscono il principio – di rango costituzionale – della
salvaguardia del diritto alla tutela contro ogni licenziamento privo
di giusta causa o di giustificato motivo.
Cio� significa che, nel doveroso contemperamento tra tutele di pari
rango spetta al giudice stabilire, nel caso concreto quale tutela
prevalga sull�altra.
Nel caso concreto non puo� negarsi che i principi della liberta� di
iniziativa economica privata da un canto, e il diritto del lavoratore
alla tutela contro il licenziamento illegittimo debbano coesistere su
un piano di parita�. Tale affermazione, del resto, trova conferma
nella communis opinio oltre che nella giurisprudenza, secondo cui la
normativa limitativa dei licenziamenti (nel senso di condizionarne la
validita� al rispetto dei requisiti di forma e dei presupposti di
fatto, richiamati piu� sopra) non si pone in conflitto con l�art. 41,
comma 1 e art. 2 Cost..
Con il terzo motivo la societa� ricorrente denunzia la violazione e
falsa applicazione della L. n. 108 del 1990, art. 3 anche in
relazione agli artt. 1345 e 2697 c.c. nonche� all�art. 100 c.p.c..
Secondo la costante giurisprudenza di legittimita�, per affermare il
carattere ritorsivo del licenziamento, fondato su un motivo illecito,
occorre dimostrare (da parte del lavoratore) che l�intento di
rappresaglia o discriminatorio abbia avuto un ruolo decisivo della
volonta� del datore di lavoro, non essendo a tal fine sufficiente la
deduzione della appartenenza del lavoratore ad un sindacato o la sua
partecipazione ad attivita� sindacali: per non contare la carenza di
interesse del lavoratore a censurare un provvedimento di
trasferimento ormai privo di effetto perche� ormai revocato.
Anche questo motivo non puo� essere accolto.
La Corte territoriale ha del tutto legittimamente desunto – a seguito
di una valutazione presuntiva fondata su indizi gravi, precisi e
concordanti – come il licenziamento disposto in danno della
D. trovasse la sua ragion d�essere solo ed unicamente nella
volonta� – da parte della societa� datrice di lavoro – di sanzionare
la stessa dipendente per essersi “ribellata” al provvedimento di
trasferimento da (OMISSIS), unilateralmente disposto dalla
medesima societa�.
A questa conclusione si e� giunti in considerazione di una serie di
eventi che, valutati nel loro complesso, manifestavano un chiaro
intento intimidatorio da parte del datore di lavoro e che, perdurando
la resistenza opposta dalla lavoratrice, hanno trovato il loro
inevitabile epilogo in un provvedimento espulsivo di carattere
punitivo.
Con il quarto mezzo di gravame, la societa� denunzia la carenza o la
contraddittorieta� della motivazione su un fatto controverso e
decisivo: osserva che la motivazione della sentenza e� affetta da un
palese non sequitur quando ritiene che l�asserita pretestuosita� del
licenziamento fosse idoneo a rilevare sul piano della liceita� del
recesso essendo, al contrario, del tutto distinti i concetti di
illegittimita� ed illiceita�.
Anche quest�ultimo motivo non merita accoglimento.
La pretestuosita� del provvedimento impugnato emerge chiaramente
nella sequenza dei provvedimenti adottati dalla societa�
immediatamente dopo l�informazione ricevuta dalla dipendente in
ordine all�attribuzione – da parte dell�INPS – dei benefici contenuti
nella L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5.
Secondo detta norma “Il genitore o il familiare lavoratore…….che
assista con continuita� un parente o un affine entro il terzo grado
handicappato, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di
lavoro piu� vicina al proprio domicilio e non puo� essere trasferito
senza il suo consenso, ad altra sede”.
La societa� ricorrente non ha mai ammesso, anche indirettamente, di
aver commesso un errore disponendo unilateralmente il trasferimento
di un lavoratore titolare dei benefici di cui alla citata L. n. 104
del 1992, limitandosi a sostenere la validita� delle proprie scelte
ribadendo la legittimita� del proprio operato.
Da quanto precede, il recesso di cui si discute si appalesa non solo
illegittimo, ma anche illecito, risultando spiegabile (anche se non
giustificabile) soltanto come conseguente reazione, motivata solo
apparentemente (e dunque del tutto in conferente) da parte della
societa� resistente al fatto di essere stata obbligata a doversi
rimangiare il trasferimento de quo anch�esso inopinatamente ed senza
valide ragioni disposto.
Tenendo in debito conto del carattere indubbiamente ritorsivo
dell�impugnato licenziamento, deve concludersi che, a prescindere dal
requisito dimensionale dell�azienda, va accordata alla lavoratrice
ricorrente la piena tutela reale ex art. 18 stat. lav. (conf. Cass.,
n. 3837/del 1997; n. 4593 del 1999, ed altre).
In questi termini si e� espressa l�impugnata sentenza della Corte
territoriale, sicche� non resta che respingere le censure ad essa
mosse con il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso. Spese a carico della societa� ACISERVICE s.r.l.
pari ad Euro 29,00 oltre ad Euro 2.500,00 per onorari, nonche� spese
generali IVA e CPA.
Cosi� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre
2010.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2010
ACISERVICE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, xxx,
presso lo studio dell�avvocato xxx, che la
rappresenta e difende unitamente all�avvocato xxx, giusta
delega a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, xxx, presso lo studio dell�avvocato xxx, che la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5362/2006 della CORTE D�APPELLO di NAPOLI,
depositata il 04/10/2006 R.G.N. 1446/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FOGLIA;
udito l�Avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO;
udito l�Avvocato BIASCI RENATO PIERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 5 luglio 2002, D.A. impugnava
davanti al Tribunale di Napoli, il proprio trasferimento, disposto
dalla societa�, dalla sede (OMISSIS), nonche�
il licenziamento successivamente intimatole invocando la condanna
alla reintegra nel posto di lavoro con gli ulteriori effetti di cui
all�art. 18 Stat. lav. in via gradata, la ricorrente invocava la
declaratoria di inefficacia di tale licenziamento L. n. 604 del 1966,
ex art. 2 e, in via ulteriormente subordinata, la declaratoria di
illegittimita� del licenziamento per carenza di giustificato motivo
oggettivo, con conseguente condanna ai sensi della L. n. 604 del
1966, art. 8.
La ricorrente riferiva di aver collaborato con la societa� convenuta
sin dal 1.2.1999, con contratto di formazione e lavoro, poi
trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, svolgendo
mansioni di addetta allo sportello aperto al pubblico, e di aver
curato, fino al 2000 la gestione delle polizze assicurative r.c.a,
nonche� (unica tra i dipendenti in servizio, dall�ottobre 2000), il
“controllo della documentazione amministrativa pervenuta dai delegati
A.C.I.�;
Aggiungeva la ricorrente di essere stata ammessa, dall�INPS, al
godimento delle agevolazioni di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33
(abrogato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 86) per le condizioni di
salute del coniuge affetto da grave handicap; e di aver informato di
tale circostanza il proprio datore di lavoro, il quale, pochi giorni
dopo, le comunicava il trasferimento alla sede di (OMISSIS) a
decorrere dal 7 gennaio 2002, mentre il suo posto di lavoro veniva
occupato da altra dipendente, per pochi giorni. Deduceva, inoltre,
che il trasferimento a (OMISSIS) la costringeva a tempi superiori di
percorrenza necessari per raggiungere la nuova sede di lavoro, cosi�
impedendole di poter agevolmente accudire il marito.
In data 25 marzo 2002, pochi giorni prima dell�udienza di
comparizione in sede cautelare, l�Aciservice revocava il
trasferimento, e successivamente – al suo rientro dalla malattia � la
lavoratrice riceveva lettera di licenziamento con decorrenza
immediata, giustificato da una nuova complessiva riorganizzazione
aziendale.
Avverso tale licenziamento l�attrice, dopo aver posto a disposizione
della controparte le sue prestazioni lavorative, proponeva ricorso
invocando la tutela reale, stante la sussistenza del requisito
occupazionale.
Si costituiva in giudizio la societa� convenuta la quale faceva
presente che, a seguito di scorporo dell�agenzia generale di Napoli
si erano create le condizioni per un aumento di portafoglio nella
provincia di (OMISSIS), il che avrebbe richiesto l�apertura di un
nuovo ufficio, per il quale, dal gennaio 2002 erano stati assunti
alcuni lavoratori a tempo determinato.
Con sentenza del 18 novembre 2005, il Tribunale di Napoli dichiarava
l�illegittimita� del licenziamento, condannando la societa� convenuta
alla riassunzione, o al risarcimento dei danni L. n. 604 del 1966, ex
art. 8.
Avverso detta sentenza proponeva appello la D. lamentando il
carattere ritorsivo del licenziamento, la cui reale giustificazione
era da rinvenirsi nel rifiuto del provvedimento di trasferimento.
Si costituiva la societa� appellata resistendo al gravame e spiegando
a sua volta appello incidentale invocando l�integrale rigetto di ogni
istanza della lavoratrice.
Secondo la societa� appellata doveva ritenersi infondata
l�impugnazione nella parte in cui sosteneva come sussistente il
requisito dimensionale idoneo all�invocata tutela reale.
Con sentenza del 4 ottobre 2006, della Corte territoriale �
considerando che le mansioni cui era addetta la lavoratrice
continuarono ad essere svolte in ambito aziendale quanto meno fino al
luglio 2003, ossia per oltre un anno dal licenziamento – accoglieva
l�appello principale e dichiarava illegittimi sia l�impugnato
trasferimento, sia il licenziamento, ordinando alla societa�
appellata di reintegrare l�appellante nel suo posto di lavoro, ovvero
in altri con mansioni equivalenti.
Precisava la Corte territoriale che il licenziamento impugnato non
solo era illegittimo, ma anche pretestuoso unito al connesso
trasferimento, anch�esso immotivato al pari della sua successiva
revoca.
La sentenza di appello condannava inoltre la societa� a risarcire il
danno in favore dell�appellante in misura pari alle ultime
retribuzioni mensili globali di fatto, sino alla effettiva
reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e
interessi legali sulle somme via via rivalutate, con decorrenza dalla
maturazione di ciascun rateo sino all�effettivo soddisfo, nonche� al
versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, detratto
quanto eventualmente gia� corrisposto all�interessata per indennita�
sostitutiva del preavviso e per t.f.r..
Avverso detta sentenza di appello ricorre la societa� convenuta con 4
motivi cui resiste la D. con controricorso. In prossimita�
dell�udienza, la societa� ricorrente ha depositato memoria ex art.
378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo mezzo di gravame la societa� ricorrente denunzia carenza e
contraddittorieta� della motivazione la quale si impernia sul rilievo
che all�esito dell�istruttoria era emerso come le mansioni cui era
addetta la D. (in particolare, il controllo di produzioni
delegate) continuarono ad essere svolte almeno sino al luglio 2003, e
quindi, per oltre un anno dopo il licenziamento della resistente.
Tale asserzione viene sostenuta per relationem con la sentenza di
primo grado, operazione, questa, che sarebbe legittima soltanto se il
Giudice di appello, condividendo testualmente le argomentazioni del
Tribunale di Napoli, si fosse fatto carico di esprimere le ragioni
della conferma della pronunzia di riferimento in relazione ai motivi
di impugnazione proposti.
A giudizio della ricorrente – la Corte territoriale non avrebbe
affatto esaminato le circostanze di fatto da considerarsi decisive
come il dimezzamento del portafoglio e l�incidenza, sulla attivita�
di controllo produzione delegati svolta dalla lavoratrice, del
processo di informatizzazione, gia� in corso. Ne� varrebbe opporre
che la soppressione delle mansioni gia� assegnate alla resistente fu
parziale in quanto resa possibile dall�instaurazione di rapporti di
lavoro speciali (lavoro interinale, lavoro “parasubordinato” ex art.
409 c.p.c., n. 3 ecc).
Inoltre, la sentenza impugnata non avrebbe sufficientemente motivato
in ordine all�osservazione mossa dalla societa� secondo la quale non
sarebbe stato possibile adibire la lavoratrice, in alternativa al suo
licenziamento, a mansioni equivalenti a quelle da ultimo svolte.
Il motivo non e� fondato.
Che il portafoglio clienti dell�Aciservice s.r.l. fosse integro o
ridotto poco importa rilevando unicamente se le funzioni di
“controllo produzione delegati” venissero o meno svolte
successivamente al licenziamento della lavoratrice.
Al quesito la Corte territoriale ha fornito una risposta positiva
all�esito delle deposizioni dei testi D.M., D.P. e
C. secondo cui le mansioni della lavoratrice continuarono ad
essere svolte per oltre un anno dal licenziamento. A tale risultato
perviene la Corte di appello napoletana richiamando testualmente le
“precise ed ampie argomentazioni” svolte dal Giudice di primo grado,
la cui coerenza logica e giuridica non lasciavano spazio ad ulteriori
considerazioni.
Non puo�, quindi, parlarsi di “carenza o contraddittorieta� della
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo, dal momento
che l�accertamento, in punto di fatto operato dal Giudice di appello,
di per se� assorbente e decisivo risulta ampiamente motivato.
Altrettanto priva di consistenza l�altra censura di cui al primo
motivo di ricorso concernente l�asserita riduzione del portafoglio
nonche� l�incidenza del processo di informatizzazione in corso.
Correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che l�utilizzazione
dei nuovi lavoratori assunti con contratti a termine o con contratti
di lavoro interinale, pur avendo dovuto svolgere “mansioni di
movimentazione dei fascicoli” furono, di fatto, adibiti in via
prevalente a mansioni di “cassa e sportello” mansioni che la
D. aveva in passato svolto e alle quali avrebbe potuto
essere adibita in alternativa al licenziamento.
Col secondo motivo � denunciando la violazione e falsa applicazione
della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 anche in relazione all�art.
2697 c.c. – la societa� ricorrente richiama l�insegnamento
consolidato della giurisprudenza secondo cui alla nozione di
giustificato motivo oggettivo di licenziamento e� riconducibile anche
l�aspetto del riassetto organizzativo, attuato al fine di realizzare
una piu� economica gestione di esso, espressione del diritto ex art.
41 Cost., senza che il Giudice possa sindacare tali scelte.
Il motivo non e� fondato.
Se e� senz�altro vero che, secondo l�art. 41 Cost. l�assetto
organizzativo e produttivo dell�impresa e� rimesso alla “libera”
valutazione del datore di lavoro, ogni valutazione circa
l�opportunita� di interventi modificativi che comunque siano
giustificati da ragioni oggettive (un giustificato motivo oggettivo)
e� anche vero che, la liberta� di iniziativa economica privata “non
puo� svolgersi in contrasto con l�utilita� sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla liberta� ed alla dignita� umana.
Questo limite “costituzionalmente prefissato” trova riscontro nella
legislazione del lavoro in varie circostanze caratterizzate dalla
necessita� di tutelare diritti fondamentali del lavoratore, tra cui
quello avente per oggetto la conservazione del posto di lavoro,
rispetto al quale la L. n. 604 del 1966, e piu� specificamente l�art.
18 dello Statuto dei lavoratori (cui deve aggiungersi l�art. 30 del
Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, in vigore dal 1 gennaio
2009) stabiliscono il principio – di rango costituzionale – della
salvaguardia del diritto alla tutela contro ogni licenziamento privo
di giusta causa o di giustificato motivo.
Cio� significa che, nel doveroso contemperamento tra tutele di pari
rango spetta al giudice stabilire, nel caso concreto quale tutela
prevalga sull�altra.
Nel caso concreto non puo� negarsi che i principi della liberta� di
iniziativa economica privata da un canto, e il diritto del lavoratore
alla tutela contro il licenziamento illegittimo debbano coesistere su
un piano di parita�. Tale affermazione, del resto, trova conferma
nella communis opinio oltre che nella giurisprudenza, secondo cui la
normativa limitativa dei licenziamenti (nel senso di condizionarne la
validita� al rispetto dei requisiti di forma e dei presupposti di
fatto, richiamati piu� sopra) non si pone in conflitto con l�art. 41,
comma 1 e art. 2 Cost..
Con il terzo motivo la societa� ricorrente denunzia la violazione e
falsa applicazione della L. n. 108 del 1990, art. 3 anche in
relazione agli artt. 1345 e 2697 c.c. nonche� all�art. 100 c.p.c..
Secondo la costante giurisprudenza di legittimita�, per affermare il
carattere ritorsivo del licenziamento, fondato su un motivo illecito,
occorre dimostrare (da parte del lavoratore) che l�intento di
rappresaglia o discriminatorio abbia avuto un ruolo decisivo della
volonta� del datore di lavoro, non essendo a tal fine sufficiente la
deduzione della appartenenza del lavoratore ad un sindacato o la sua
partecipazione ad attivita� sindacali: per non contare la carenza di
interesse del lavoratore a censurare un provvedimento di
trasferimento ormai privo di effetto perche� ormai revocato.
Anche questo motivo non puo� essere accolto.
La Corte territoriale ha del tutto legittimamente desunto – a seguito
di una valutazione presuntiva fondata su indizi gravi, precisi e
concordanti – come il licenziamento disposto in danno della
D. trovasse la sua ragion d�essere solo ed unicamente nella
volonta� – da parte della societa� datrice di lavoro – di sanzionare
la stessa dipendente per essersi “ribellata” al provvedimento di
trasferimento da (OMISSIS), unilateralmente disposto dalla
medesima societa�.
A questa conclusione si e� giunti in considerazione di una serie di
eventi che, valutati nel loro complesso, manifestavano un chiaro
intento intimidatorio da parte del datore di lavoro e che, perdurando
la resistenza opposta dalla lavoratrice, hanno trovato il loro
inevitabile epilogo in un provvedimento espulsivo di carattere
punitivo.
Con il quarto mezzo di gravame, la societa� denunzia la carenza o la
contraddittorieta� della motivazione su un fatto controverso e
decisivo: osserva che la motivazione della sentenza e� affetta da un
palese non sequitur quando ritiene che l�asserita pretestuosita� del
licenziamento fosse idoneo a rilevare sul piano della liceita� del
recesso essendo, al contrario, del tutto distinti i concetti di
illegittimita� ed illiceita�.
Anche quest�ultimo motivo non merita accoglimento.
La pretestuosita� del provvedimento impugnato emerge chiaramente
nella sequenza dei provvedimenti adottati dalla societa�
immediatamente dopo l�informazione ricevuta dalla dipendente in
ordine all�attribuzione – da parte dell�INPS – dei benefici contenuti
nella L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5.
Secondo detta norma “Il genitore o il familiare lavoratore…….che
assista con continuita� un parente o un affine entro il terzo grado
handicappato, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di
lavoro piu� vicina al proprio domicilio e non puo� essere trasferito
senza il suo consenso, ad altra sede”.
La societa� ricorrente non ha mai ammesso, anche indirettamente, di
aver commesso un errore disponendo unilateralmente il trasferimento
di un lavoratore titolare dei benefici di cui alla citata L. n. 104
del 1992, limitandosi a sostenere la validita� delle proprie scelte
ribadendo la legittimita� del proprio operato.
Da quanto precede, il recesso di cui si discute si appalesa non solo
illegittimo, ma anche illecito, risultando spiegabile (anche se non
giustificabile) soltanto come conseguente reazione, motivata solo
apparentemente (e dunque del tutto in conferente) da parte della
societa� resistente al fatto di essere stata obbligata a doversi
rimangiare il trasferimento de quo anch�esso inopinatamente ed senza
valide ragioni disposto.
Tenendo in debito conto del carattere indubbiamente ritorsivo
dell�impugnato licenziamento, deve concludersi che, a prescindere dal
requisito dimensionale dell�azienda, va accordata alla lavoratrice
ricorrente la piena tutela reale ex art. 18 stat. lav. (conf. Cass.,
n. 3837/del 1997; n. 4593 del 1999, ed altre).
In questi termini si e� espressa l�impugnata sentenza della Corte
territoriale, sicche� non resta che respingere le censure ad essa
mosse con il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso. Spese a carico della societa� ACISERVICE s.r.l.
pari ad Euro 29,00 oltre ad Euro 2.500,00 per onorari, nonche� spese
generali IVA e CPA.
Cosi� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre
2010.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2010