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Cassazione: il dipendente licenziato per ritorsione ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro

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Cassazione: il dipendente licenziato per ritorsione ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro

REPUBBLICA ITALIANA            Ud. 22/09/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  R.G.N. 25402/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOGLIA   Raffaele                        – rel. Presidente  –
Dott. STILE    Paolo                                – Consigliere –
Dott. BANDINI  Gianfranco                           – Consigliere –
Dott. ZAPPIA   Pietro                               – Consigliere –
Dott. MELIADO Giuseppe                             – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ACISERVICE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro  tempore,
elettivamente  domiciliata in ROMA, xxx,
presso   lo  studio  dell�avvocato  xxx,   che   la
rappresenta e difende unitamente all�avvocato xxx, giusta
delega a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, xxx,  presso  lo  studio  dell�avvocato xxx,  che  la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza n. 5362/2006 della CORTE D�APPELLO  di  NAPOLI,
depositata il 04/10/2006 R.G.N. 1446/06;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
22/09/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FOGLIA;
udito l�Avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO;
udito l�Avvocato BIASCI RENATO PIERO;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con  ricorso  del  5  luglio 2002,                  D.A.  impugnava
davanti  al  Tribunale di Napoli, il proprio trasferimento,  disposto
dalla  societa�, dalla sede (OMISSIS),  nonche�
il  licenziamento  successivamente intimatole invocando  la  condanna
alla  reintegra nel posto di lavoro con gli ulteriori effetti di  cui
all�art.  18  Stat.  lav. in via gradata, la ricorrente  invocava  la
declaratoria di inefficacia di tale licenziamento L. n. 604 del 1966,
ex  art.  2  e, in via ulteriormente subordinata, la declaratoria  di
illegittimita�  del licenziamento per carenza di giustificato  motivo
oggettivo,  con conseguente condanna ai sensi della  L.  n.  604  del
1966, art. 8.
La  ricorrente riferiva di aver collaborato con la societa� convenuta
sin   dal  1.2.1999,  con  contratto  di  formazione  e  lavoro,  poi
trasformato  in contratto di lavoro a tempo indeterminato,  svolgendo
mansioni  di  addetta allo sportello aperto al pubblico,  e  di  aver
curato,  fino  al 2000 la gestione delle polizze assicurative  r.c.a,
nonche�  (unica tra i dipendenti in servizio, dall�ottobre 2000),  il
“controllo della documentazione amministrativa pervenuta dai delegati
A.C.I.�;
Aggiungeva  la  ricorrente  di essere stata  ammessa,  dall�INPS,  al
godimento delle agevolazioni di cui alla L. n. 104 del 1992, art.  33
(abrogato  dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 86) per le condizioni  di
salute del coniuge affetto da grave handicap; e di aver informato  di
tale  circostanza il proprio datore di lavoro, il quale, pochi giorni
dopo,  le  comunicava  il  trasferimento alla  sede  di  (OMISSIS)  a
decorrere  dal  7 gennaio 2002, mentre il suo posto di lavoro  veniva
occupato  da  altra dipendente, per pochi giorni. Deduceva,  inoltre,
che il trasferimento a (OMISSIS) la costringeva a tempi superiori  di
percorrenza necessari per raggiungere la nuova sede di lavoro,  cosi�
impedendole di poter agevolmente accudire il marito.
In   data   25  marzo  2002,  pochi  giorni  prima  dell�udienza   di
comparizione   in   sede   cautelare,   l�Aciservice   revocava    il
trasferimento, e successivamente – al suo rientro dalla malattia � la
lavoratrice   riceveva  lettera  di  licenziamento   con   decorrenza
immediata,  giustificato  da  una nuova complessiva  riorganizzazione
aziendale.
Avverso  tale licenziamento l�attrice, dopo aver posto a disposizione
della  controparte  le sue prestazioni lavorative, proponeva  ricorso
invocando  la  tutela  reale,  stante la  sussistenza  del  requisito
occupazionale.
Si  costituiva  in  giudizio la societa� convenuta  la  quale  faceva
presente  che, a seguito di scorporo dell�agenzia generale di  Napoli
si  erano  create  le condizioni per un aumento di portafoglio  nella
provincia  di  (OMISSIS), il che avrebbe richiesto l�apertura  di  un
nuovo  ufficio,  per il quale, dal gennaio 2002 erano  stati  assunti
alcuni lavoratori a tempo determinato.
Con  sentenza del 18 novembre 2005, il Tribunale di Napoli dichiarava
l�illegittimita� del licenziamento, condannando la societa� convenuta
alla riassunzione, o al risarcimento dei danni L. n. 604 del 1966, ex
art. 8.
Avverso detta sentenza proponeva appello la        D. lamentando il
carattere  ritorsivo del licenziamento, la cui reale  giustificazione
era da rinvenirsi nel rifiuto del provvedimento di trasferimento.
Si costituiva la societa� appellata resistendo al gravame e spiegando
a sua volta appello incidentale invocando l�integrale rigetto di ogni
istanza della lavoratrice.
Secondo    la   societa�   appellata   doveva   ritenersi   infondata
l�impugnazione  nella  parte  in cui sosteneva  come  sussistente  il
requisito dimensionale idoneo all�invocata tutela reale.
Con  sentenza  del  4  ottobre  2006,  della  Corte  territoriale   �
considerando   che  le  mansioni  cui  era  addetta  la   lavoratrice
continuarono ad essere svolte in ambito aziendale quanto meno fino al
luglio  2003, ossia per oltre un anno dal licenziamento –  accoglieva
l�appello   principale  e  dichiarava  illegittimi  sia   l�impugnato
trasferimento,   sia  il  licenziamento,  ordinando   alla   societa�
appellata di reintegrare l�appellante nel suo posto di lavoro, ovvero
in altri con mansioni equivalenti.
Precisava  la  Corte territoriale che il licenziamento impugnato  non
solo   era  illegittimo,  ma  anche  pretestuoso  unito  al  connesso
trasferimento,  anch�esso  immotivato al pari  della  sua  successiva
revoca.
La  sentenza di appello condannava inoltre la societa� a risarcire il
danno   in   favore  dell�appellante  in  misura  pari  alle   ultime
retribuzioni   mensili  globali  di  fatto,   sino   alla   effettiva
reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT  e
interessi legali sulle somme via via rivalutate, con decorrenza dalla
maturazione di ciascun rateo sino all�effettivo soddisfo, nonche�  al
versamento  dei  contributi previdenziali ed assistenziali,  detratto
quanto  eventualmente gia� corrisposto all�interessata per indennita�
sostitutiva del preavviso e per t.f.r..
Avverso detta sentenza di appello ricorre la societa� convenuta con 4
motivi  cui  resiste la        D. con controricorso. In prossimita�
dell�udienza,  la societa� ricorrente ha depositato memoria  ex  art.
378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo mezzo di gravame la societa� ricorrente denunzia carenza  e
contraddittorieta� della motivazione la quale si impernia sul rilievo
che  all�esito dell�istruttoria era emerso come le mansioni  cui  era
addetta  la         D. (in particolare, il controllo di  produzioni
delegate) continuarono ad essere svolte almeno sino al luglio 2003, e
quindi, per oltre un anno dopo il licenziamento della resistente.
Tale  asserzione viene sostenuta per relationem con  la  sentenza  di
primo grado, operazione, questa, che sarebbe legittima soltanto se il
Giudice  di appello, condividendo testualmente le argomentazioni  del
Tribunale  di Napoli, si fosse fatto carico di esprimere  le  ragioni
della  conferma della pronunzia di riferimento in relazione ai motivi
di impugnazione proposti.
A  giudizio  della  ricorrente – la Corte  territoriale  non  avrebbe
affatto  esaminato  le circostanze di fatto da considerarsi  decisive
come  il  dimezzamento del portafoglio e l�incidenza, sulla attivita�
di  controllo  produzione  delegati  svolta  dalla  lavoratrice,  del
processo  di  informatizzazione, gia� in corso. Ne� varrebbe  opporre
che la soppressione delle mansioni gia� assegnate alla resistente  fu
parziale  in quanto resa possibile dall�instaurazione di rapporti  di
lavoro speciali (lavoro interinale, lavoro “parasubordinato” ex  art.
409 c.p.c., n. 3 ecc).
Inoltre,  la sentenza impugnata non avrebbe sufficientemente motivato
in  ordine all�osservazione mossa dalla societa� secondo la quale non
sarebbe stato possibile adibire la lavoratrice, in alternativa al suo
licenziamento, a mansioni equivalenti a quelle da ultimo svolte.
Il motivo non e� fondato.
Che  il  portafoglio clienti dell�Aciservice s.r.l. fosse  integro  o
ridotto   poco  importa  rilevando  unicamente  se  le  funzioni   di
“controllo    produzione   delegati”   venissero   o   meno    svolte
successivamente al licenziamento della lavoratrice.
Al  quesito  la  Corte territoriale ha fornito una risposta  positiva
all�esito  delle  deposizioni  dei testi      D.M.,       D.P.  e
C.  secondo cui le mansioni della lavoratrice continuarono  ad
essere  svolte per oltre un anno dal licenziamento. A tale  risultato
perviene  la Corte di appello napoletana richiamando testualmente  le
“precise ed ampie argomentazioni” svolte dal Giudice di primo  grado,
la cui coerenza logica e giuridica non lasciavano spazio ad ulteriori
considerazioni.
Non  puo�,  quindi,  parlarsi di “carenza o contraddittorieta�  della
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo, dal momento
che l�accertamento, in punto di fatto operato dal Giudice di appello,
di per se� assorbente e decisivo risulta ampiamente motivato.
Altrettanto  priva di consistenza l�altra censura  di  cui  al  primo
motivo  di  ricorso concernente l�asserita riduzione del  portafoglio
nonche� l�incidenza del processo di informatizzazione in corso.
Correttamente  la sentenza impugnata ha ritenuto che  l�utilizzazione
dei  nuovi lavoratori assunti con contratti a termine o con contratti
di  lavoro  interinale,  pur  avendo  dovuto  svolgere  “mansioni  di
movimentazione  dei  fascicoli” furono,  di  fatto,  adibiti  in  via
prevalente  a  mansioni  di  “cassa  e  sportello”  mansioni  che  la
D.  aveva  in  passato svolto e alle  quali  avrebbe  potuto
essere adibita in alternativa al licenziamento.
Col  secondo  motivo � denunciando la violazione e falsa applicazione
della  L.  n.  604 del 1966, artt. 1 e 3 anche in relazione  all�art.
2697   c.c.   –   la   societa�  ricorrente  richiama  l�insegnamento
consolidato  della  giurisprudenza  secondo  cui  alla   nozione   di
giustificato motivo oggettivo di licenziamento e� riconducibile anche
l�aspetto  del riassetto organizzativo, attuato al fine di realizzare
una  piu� economica gestione di esso, espressione del diritto ex art.
41 Cost., senza che il Giudice possa sindacare tali scelte.
Il motivo non e� fondato.
Se  e�  senz�altro  vero  che,  secondo  l�art.  41  Cost.  l�assetto
organizzativo  e  produttivo dell�impresa e�  rimesso  alla  “libera”
valutazione   del   datore   di  lavoro,   ogni   valutazione   circa
l�opportunita�   di  interventi  modificativi  che   comunque   siano
giustificati da ragioni oggettive (un giustificato motivo  oggettivo)
e�  anche vero che, la liberta� di iniziativa economica privata  “non
puo�  svolgersi  in contrasto con l�utilita� sociale  o  in  modo  da
recare  danno  alla sicurezza, alla liberta� ed alla dignita�  umana.
Questo  limite “costituzionalmente prefissato” trova riscontro  nella
legislazione  del  lavoro in varie circostanze  caratterizzate  dalla
necessita� di tutelare diritti fondamentali del lavoratore,  tra  cui
quello  avente  per  oggetto la conservazione del  posto  di  lavoro,
rispetto al quale la L. n. 604 del 1966, e piu� specificamente l�art.
18  dello Statuto dei lavoratori (cui deve aggiungersi l�art. 30  del
Trattato  di  Lisbona del 13 dicembre 2007, in vigore dal  1  gennaio
2009)  stabiliscono  il principio – di rango costituzionale  –  della
salvaguardia del diritto alla tutela contro ogni licenziamento  privo
di giusta causa o di giustificato motivo.
Cio�  significa che, nel doveroso contemperamento tra tutele di  pari
rango  spetta  al giudice stabilire, nel caso concreto  quale  tutela
prevalga sull�altra.
Nel  caso concreto non puo� negarsi che i principi della liberta�  di
iniziativa economica privata da un canto, e il diritto del lavoratore
alla tutela contro il licenziamento illegittimo debbano coesistere su
un  piano  di  parita�. Tale affermazione, del resto, trova  conferma
nella communis opinio oltre che nella giurisprudenza, secondo cui  la
normativa limitativa dei licenziamenti (nel senso di condizionarne la
validita�  al  rispetto dei requisiti di forma e dei  presupposti  di
fatto, richiamati piu� sopra) non si pone in conflitto con l�art. 41,
comma 1 e art. 2 Cost..
Con  il terzo motivo la societa� ricorrente denunzia la violazione  e
falsa  applicazione  della  L. n. 108  del  1990,  art.  3  anche  in
relazione agli artt. 1345 e 2697 c.c. nonche� all�art. 100 c.p.c..
Secondo la costante giurisprudenza di legittimita�, per affermare  il
carattere ritorsivo del licenziamento, fondato su un motivo illecito,
occorre  dimostrare  (da  parte  del  lavoratore)  che  l�intento  di
rappresaglia  o  discriminatorio abbia avuto un ruolo decisivo  della
volonta� del datore di lavoro, non essendo a tal fine sufficiente  la
deduzione della appartenenza del lavoratore ad un sindacato o la  sua
partecipazione ad attivita� sindacali: per non contare la carenza  di
interesse   del   lavoratore   a  censurare   un   provvedimento   di
trasferimento ormai privo di effetto perche� ormai revocato.
Anche questo motivo non puo� essere accolto.
La Corte territoriale ha del tutto legittimamente desunto – a seguito
di  una  valutazione presuntiva fondata su indizi  gravi,  precisi  e
concordanti   –  come  il  licenziamento  disposto  in  danno   della
D. trovasse la sua ragion d�essere solo ed unicamente  nella
volonta�  – da parte della societa� datrice di lavoro – di sanzionare
la  stessa  dipendente per essersi “ribellata”  al  provvedimento  di
trasferimento  da (OMISSIS), unilateralmente disposto  dalla
medesima societa�.
A  questa conclusione si e� giunti in considerazione di una serie  di
eventi  che,  valutati  nel loro complesso, manifestavano  un  chiaro
intento intimidatorio da parte del datore di lavoro e che, perdurando
la  resistenza  opposta  dalla lavoratrice,  hanno  trovato  il  loro
inevitabile  epilogo  in  un  provvedimento  espulsivo  di  carattere
punitivo.
Con il quarto mezzo di gravame, la societa� denunzia la carenza o  la
contraddittorieta�  della  motivazione  su  un  fatto  controverso  e
decisivo: osserva che la motivazione della sentenza e� affetta da  un
palese non sequitur quando ritiene che l�asserita pretestuosita�  del
licenziamento  fosse idoneo a rilevare sul piano della  liceita�  del
recesso  essendo,  al  contrario, del tutto distinti  i  concetti  di
illegittimita� ed illiceita�.
Anche quest�ultimo motivo non merita accoglimento.
La  pretestuosita�  del  provvedimento impugnato  emerge  chiaramente
nella    sequenza   dei   provvedimenti   adottati   dalla   societa�
immediatamente  dopo  l�informazione  ricevuta  dalla  dipendente  in
ordine all�attribuzione – da parte dell�INPS – dei benefici contenuti
nella L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5.
Secondo  detta norma “Il genitore o il familiare lavoratore…….che
assista  con continuita� un parente o un affine entro il terzo  grado
handicappato,  ha  diritto di scegliere, ove possibile,  la  sede  di
lavoro  piu� vicina al proprio domicilio e non puo� essere trasferito
senza il suo consenso, ad altra sede”.
La  societa� ricorrente non ha mai ammesso, anche indirettamente,  di
aver  commesso  un errore disponendo unilateralmente il trasferimento
di  un lavoratore titolare dei benefici di cui alla citata L. n.  104
del  1992, limitandosi a sostenere la validita� delle proprie  scelte
ribadendo la legittimita� del proprio operato.
Da  quanto precede, il recesso di cui si discute si appalesa non solo
illegittimo, ma anche illecito, risultando spiegabile (anche  se  non
giustificabile)  soltanto come conseguente  reazione,  motivata  solo
apparentemente  (e  dunque del tutto in conferente)  da  parte  della
societa�  resistente  al fatto di essere stata  obbligata  a  doversi
rimangiare il trasferimento de quo anch�esso inopinatamente ed  senza
valide ragioni disposto.
Tenendo   in  debito  conto  del  carattere  indubbiamente  ritorsivo
dell�impugnato licenziamento, deve concludersi che, a prescindere dal
requisito  dimensionale dell�azienda, va accordata  alla  lavoratrice
ricorrente la piena tutela reale ex art. 18 stat. lav. (conf.  Cass.,
n. 3837/del 1997; n. 4593 del 1999, ed altre).
In  questi  termini si e� espressa l�impugnata sentenza  della  Corte
territoriale,  sicche� non resta che respingere le  censure  ad  essa
mosse con il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso. Spese a carico della societa� ACISERVICE s.r.l.
pari  ad Euro 29,00 oltre ad Euro 2.500,00 per onorari, nonche� spese
generali IVA e CPA.
Cosi�  deciso  in  Roma, nella Camera di consiglio, il  22  settembre
2010.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2010
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