Cassazione: il dipendente in prova può essere licenziato senza motivazione
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 12/10/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 11276/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall�avvocato xxx, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MERIDI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, xxx, presso lo studio
dell�avvocato xxx, rappresentata e difesa dall�avvocato
xxx, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 11/2007 della CORTE D�APPELLO di CATANIA,
depositata il 17/01/2007 R.G.N. 1548/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/10/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Lecce, parzialmente riformando la sentenza di
primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato a
C.G. durante il periodo di prova e condannava la
societa� Meridi al risarcimento dei danni commisurato alla
retribuzione spettante per i giorni residui non lavorati del periodo
di prova.
A fondamento di tale decisione i giudici di appello, per quello che
interessa in questa sede, ponevano il rilievo che secondo la
giurisprudenza della Cassazione la risoluzione del rapporto in
periodo di prova, dettata da motivo illecito o dalla mancanza di
adeguatezza dell�esperimento, non comportava il risarcimento
dell�intera misura delle retribuzioni non percepite fino alla
scadenza del contratto, o alcuna conversione dello stesso, ma il
diritto alla prosecuzione, se possibile, della prova o al
risarcimento per i giorni residui non lavorati.
Avverso tale sentenza il C. ricorre in cassazione sulla base
di due censure.
Resiste con controricorso la societa� Meridi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di norme di
diritto, pone ex art. 366 bis c.p.c. il seguente quesito di diritto:
“se il rinvio effettuato alle pronunce della Corte di Cassazione
abbia, nel caso di specie, assolto all�obbligo di motivazione ai
sensi dell�art. 111 Cost., agli artt. 113 e 132 c.p.c.”.
La censura e� infondata.
Invero e� principio di diritto nella giurisprudenza di questa Corte
che la motivazione della sentenza “per relationem” e� ammissibile,
dovendosi giudicare la sua completezza e logicita� sulla base degli
elementi contenuti nell�atto al quale si opera il rinvio e che,
proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell�atto
rinviante; costituisce tuttavia principio generale dell�ordinamento,
desumibile dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e dalla L. 27
luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1 per gli atti amministrativi (e
valido, a maggior ragione, in forza dell�art. 111 Cost., per
l�attivita� del giudice), quello secondo cui il rinvio va operato in
modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della
motivazione “per relationem” (cfr. per tutte da ultimo Cass. 16
gennaio 2009 n. 979).
Nella specie la Corte del merito ha rinviato a specifiche sentenze di
questa Corte riproducendone il principio di diritto ivi enunciato
riguardante proprio il caso di specie sottoposto al suo vaglio.
Deve pertanto affermarsi che non incorre nella violazione degli artt.
111 Cost., artt. 113 e 132 c.p.c. la motivazione della sentenza che
rinviando a principi di diritto sanciti dalla Cassazione rende quei
principi parte integrante dell�atto rinviante e come tale consente il
controllo di completezza e logicita� della motivazione.
Con la seconda censura il ricorrente, deducendo violazione di norme
di diritto, formula ex art. 366 bis c.p.c. cit. il seguente quesito
di diritto: “se dichiarata la nullita� del licenziamento intimato nel
corso del periodo di prova, il lavoratore ha diritto alla
prosecuzione del rapporto di lavoro e al risarcimento del danno
commisurato alle retribuzioni globali di fatto non percepite per il
periodo tra l�illegittimo recesso e l�effettiva reintegrazione
ovvero, ove la prosecuzione del rapporto non sia possibile (come nel
caso di specie trattandosi di rapporto a termine gia� spirato) il
lavoratore ha diritto al risarcimento del danno commisurato alle
retribuzioni spettanti in dipendenza dell�intera durata del
rapporto”.
La censura e� infondata.
Questa Corte invero, con sentenza del 12 marzo 1999 n. 228,
procedendo alla ricostruzione della disciplina del rapporto di lavoro
in prova, alle cui argomentazioni, pienamente condivise da questo
Collegio, si rinvia ha ribadito che una volta accertata
l�illegittimita� del recesso stesso (quando risulti, appunto, che
l�esperimento non e� stato consentito per l�inadeguatezza della
durata della prova o per il superamento della prova per l�esistenza
di un motivo illecito: cfr. Cass. n. 9304/96, in motivazione),
consegue – anche laddove sussistano i. requisiti numerici – che non
si applicano la L. n. 604 del 1966 o la L. n. 300 del 1970, art. 18
ma si ha unicamente la prosecuzione della prova per il periodo di
tempo mancante al termine prefissato oppure il risarcimento del
danno, non comportando la dichiarazione di illegittimita� del recesso
nel periodo di prova che il rapporto di lavoro debba essere ormai
considerato come stabilmente costituito (v. ex plurimis: Cass. n.
233/85; n. 1250/85; n. 11934/95 ed altre).
Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso, pertanto, va
rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita� seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimita� liquidate in Euro 12,00 oltre Euro
2.000,00 per onorario ed oltre spese generali, IVA e CPA.
Cosi� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2010