Cassazione: è legittimo il licenziamento disciplinare di un cassiere che accetta metodi di pagamento non consentiti dall’azienda per cui lavora
#ANNO/NUMERO 2010/26108 #SEZ L #NRG 2009/24112
#UDIENZA DEL 16/11/2010 #DEPOSITATO IL 23/12/2010
#MASSIMATA NO
#RICORRENTE u.F.
#AVV RICORRENTE XXX
#RESISTENTE Fondazione Teatro Alla Scala Di Milano
#AVV RESISTENTE XXX
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 16/11/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 24112/2009
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24112/2009 proposto da:
U.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 167, presso lo studio dell’avvocato
BAURO FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato ISGRO’
Vincenzo, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FONDAZIONE TEATRO ALLA SCALA DI MILANO (OMISSIS) in persona del
suo Sovrintendente, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIRGILIO
8, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI Enrico, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato ICHINO PIETRO, giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 503/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del
15.1.09, depositata il 23/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO
udito per la controricorrente l’Avvocato Enrico Ciccotti che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
U.F. ha impugnato il licenziamento disciplinare
intimatogli dalla Fondazione Teatro alla Scala di Milano, ma
l’impugnazione e’ stata rigettata perche’ il Tribunale ha ritenuto
irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario osservando che il datore
di lavoro non poteva fare affidamento su un dipendente addetto alla
vendita di biglietti che, in undici occasioni, aveva accettato
pagamenti con mezzi vietati, ossia con assegni rivelatisi poi non
coperti, con conseguente danno per la Fondazione di oltre Euro
36.000,00.
Il Tribunale ha osservato al riguardo che la tesi difensiva del
dipendente, secondo cui l’accettazione di assegni in pagamento di
biglietti era prassi comune benche’ non di applicazione costante, non
giustificava il suo comportamento, posto che il dipendente era ben
consapevole del divieto di accettare in pagamento assegni di conto
corrente previsto dal regolamento e considerato che la conoscenza
personale dell’acquirente non autorizzava la deroga, trattandosi di
persona non degna di fiducia.
L’appello del dipendente e’ stato respinto dalla Corte di Appello di
Milano in base alle seguenti considerazioni: la prova testimoniale ha
dimostrato che il pagamento dei biglietti con assegni di conto
corrente, pur essendo ammesso esclusivamente per il rinnovo degli
abbonamenti, era accettato anche al di fuori di tali ipotesi soltanto
se proveniente da persone conosciute molto bene; i testi hanno
escluso che T.M., firmatario degli assegni insoluti,
conosciuto come “bagarino”, fosse una persona di ci potersi fidare;
le modalita’ di pagamento dei biglietti allo sportello e le norme di
comportamento cui devono attenersi gli operatori, non potevano non
essere conosciute dal sig. U. con 22 anni di esperienza di
lavoro in biglietteria; il dipendente nell’arco di un mese ha
accettato dal T. assegni per un importo complessivo di Euro
36.344,00 il che dimostra che non si e’ trattato di una vendita
occasionale; l’entita’ del danno e’ evidente e con essa l’idoneita’
della condotta ad influire sullo svolgimento del rapporto, ponendo in
dubbio la futura correttezza dell’adempimento.
Per la cassazione di tale sentenza U.F. ha proposto
ricorso con tre motivi ed ha depositato memoria. L’intimato ha
resistito con controricorso.
Con il primo motivo, denunciando vizi di motivazione, il ricorrente
addebita al giudice di appello di non aver valutato correttamente le
prove testimoniali dalle quali si ricava che l’accettazione di
assegni in pagamento dei biglietti e’ una prassi diffusa seguita
dagli addetti alla vendita e che tale prassi e’ condivisa dai
superiori. Si duole altresi’ il ricorrente che il giudice del gravame
non abbia tenuto conto della sua buona fede emergente dal fatto che
l’operazione e’ stata compiuta in modo palese.
Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 300 del
1970, art. 7, il ricorrente si duole che la Corte di Appello non
abbia ravvisato la illegittimita’ del licenziamento per violazione
della norma sopra indicata, in quanto il regolamento disciplinare non
era stato mai affisso nel luogo di lavoro ne’ comunicato in qualche
altro modo al dipendente.
Con il terzo motivo, denunciando omessa motivazione, il ricorrente
censura la sentenza impugnata per non avere in alcun modo motivato in
ordine alla mancata ammissione di alcuni mezzi istruttori, in
particolare la richiesta di esibizione dei movimenti bancari sui
conti correnti della Fondazione, dai quali era dato evincere la
prassi costante di accettazione di assegni di conto corrente in
pagamento dei biglietti.
Il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
Il primo ed il terzo motivo di ricorso, che e’ opportuno esaminare
congiuntamente per la loro connessione, sono infondati. La Corte
territoriale, infatti, ha rilevato che “e’ risultato provato
dall’istruttoria che il pagamento dei biglietti con assegni di conto
corrente, pur essendo ammesso esclusivamente per il rinnovo degli
abbonamenti, era accettato anche al di fuori di tale ipotesi da
persone conosciute molto bene e se l’assegno andava a buon fine non
venivano mossi rilievi”. La Corte di merito ha soggiunto che “i testi
escussi hanno smentito che T.M., firmatario degli assegni
insoluti, fosse persona di fiducia, dichiarando che, anzi, era
conosciuto molto bene come bagarino”. Queste valutazioni della Corte
di merito, in ordine alla prassi di accettazione degli assegni di
conto corrente soltanto se emessi da persone di fiducia ed in ordine
alla mancanza di tale qualita’ nel T., oltre ad investire
valutazioni di merito non censurabili in sede di legittimita’, non
hanno formato oggetto di specifica censura da parte del ricorrente.
Per il resto va qui ribadita la costante giurisprudenza di questa
Corte secondo cui la valutazione delle prove testimoniali e
documentali spetta al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di
legittimita’ solo se detta valutazione non e’ sorretta da motivazione
congrua ovvero se la motivazione presenti vizi logici e giuridici,
sicche’ con il ricorso per cassazione non e’ possibile chiedere al
giudice di legittimita’ una diversa valutazione delle prove, rispetto
a quella ritenuta dal giudice di merito, ma soltanto indicare i vizi
logici, le contraddizioni e le lacune della motivazione che non
consentono di ricostruire l’iter logico che sorregge la decisione,
non essendo consentito al giudice di legittimita’ di procedere ad un
nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione degli atti
di causa (cfr. tra le tante Cass. 6064/2008, n. 17076/2007, n.
18214/2006). Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie
operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter
logico-argomentativo che sorregge la decisione e’ chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicita’
o insanabile contraddizione. Per contro, le censure mosse dal
ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un
diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze
di fatto gia’ valutate dal giudice di merito in senso contrario alle
aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di
una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto
inammissibile in sede di legittimita’.
Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ la questione
proposta non risulta espressamente trattata dalla sentenza impugnata,
ne’ il ricorrente ha precisato in quale scritto difensivo o verbale
di causa egli l’abbia sottoposta al giudice del merito (vedi tra le
tante Cass. n. 20518/2008, Cass. n. 230/2006, Cass. n. 15422/2005).
In ogni caso, anche se cio’ fosse avvenuto, il ricorrente avrebbe
dovuto far valere il vizio di omessa pronuncia, non potendo chiedere
al giudice di legittimita’ di esaminare una statuizione non contenuta
nella sentenza impugnata.
Per tutte le considerazioni sopra svolte il ricorso deve essere
respinto, con consegnate condanna dei ricorrente al pagamento in
favore del resistente delle spese del giudizio di cassazione, nella
misura determinata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro trenta
per esborsi ed in Euro tremila per onorari, oltre spese generali,
I.V.A. e C.P.A..
Cosi’ deciso in Roma, il 16 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2010