Sugli insegnanti che viaggiano per l’Italia
Mi chiedo come sia possibile che nel dibattito sugli insegnanti che viaggiano per l’Italia (dal Sud vanno a vivere al Nord), sui sacrifici anche economici che una simile scelta comporta, sull’eventuale (e nefanda) differenziazione regionale delle retribuzioni, a nessuno venga in mente di ragionare sui presupposti di una massiccia presenza al Nord di insegnanti di origine meridionale.
Diciamo la verità: nelle regioni settentrionali pochi sono i laureati che scelgono l’insegnamento, perché in quelle regioni non mancano le occasioni di lavoro nel privato e nel privato le retribuzioni sono più alte e offrono maggiori possibilità di carriera anche economica rispetto alla scuola.
Nel mezzogiorno, invece, ci sono davvero poche occasioni di lavoro nel privato soprattutto per i laureati, che perciò accettano molto volentieri l’impiego nella scuola, a basso stipendio, anche a costo di spendere gran parte del loro reddito in spostamenti e con grandi sacrifici dal punto di vista familiare e sociale.
Insomma, il modo giusto per risolvere il problema non sarebbe la differenziazione locale delle retribuzioni, ma il reale riconoscimento dell’enorme valore sociale dell’istruzione e della scuola e perciò un adeguato sostegno degli insegnanti con retribuzioni più alte e non solo.
Un’ultima riflessione: durante la pandemia si sentiva un coro unanime a favore di scuola e sanità e da tutti si prometteva di destinare molte risorse a questi due settori centrali per ogni società. Invece pare che ora tutti si siano dimenticati di quelle promesse.