Guida al recupero crediti: l’esecuzione forzata
Nell’attuale contesto economico, spesso accade che un soggetto che si ritenga titolare di un diritto (in particolare di credito) debba agire in via giudiziale ai fini del suo riconoscimento.
Tuttavia, anche all’esito del contenzioso, non di rado accade che il debitore ometta di eseguire spontaneamente quanto statuito dal Giudice.
Per ovviare a tale spiacevole circostanza ed al fine di garantire una quanto più efficace tutela al creditore, l’ordinamento prevede la possibilità di agire nei confronti del soggetto inadempiente con la cosiddetta “esecuzione forzata”.
TIPOLOGIE DI ESECUZIONE FORZATA, TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO
L’esecuzione forzata, pertanto, è la “procedura” all’esito della quale la parte soccombente nella causa viene obbligata a dare esecuzione a quanto disposto dalla decisione giudiziale.
Può essere realizzata con due modalità:
a) in forma specifica, in modo da far ottenere al creditore lo specifico risultato a cui ha diritto. Si pensi, ad esempio, alla demolizione di un muro di confine troppo vicino alla proprietà altrui. A tale tipologia si ricorre qualora la parte soccombente sia stata condannata a:
– consegnare uno specifico oggetto (es. restituire un’auto alla società di leasing);
– fare una certa cosa (es. abbattere un albero che sta per cadere);
– non fare una certa cosa (es. non elevare una costruzione sulla linea di confine);
b) in forma generica, relativa alle ipotesi in cui il soggetto vittorioso in giudizio debba recuperare delle somme di denaro dal soccombente che abbia omesso di onerare il proprio debito anche a seguito della statuizione giudiziale.
In tale ipotesi, l’esecuzione forzata si sostanzia nella espropriazione dei beni del debitore (una somma di denaro, un quinto dello stipendio, la casa, l’auto, etc.) affinché siano venduti all’asta ovvero, nel caso di denaro, direttamente assegnati al creditore.
Chiaramente, in presenza di condanne al pagamento di somme di denaro, il titolo esecutivo è l’ordine del giudice (contenuto nel provvedimento decisorio) che attesta sia l’esistenza, sia l’entità del credito.
Pertanto, in assenza di senza titolo esecutivo non si può procedere ad esecuzione forzata.
Naturalmente, il titolo, sia esso una sentenza, un’ordinanza ovvero un decreto ingiuntivo, deve essere sempre notificato al debitore con formula esecutiva (che deve essere specificatamente richiesta all’Ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, essendo apposta proprio in calce al medesimo) affinché a questi conosca con certezza l’esistenza del relativo obbligo.
Se quest’ultimo, invero, omette di adempiere anche a seguito di tale notifica, il creditore potrà procedere mediante la notifica dell’atto di precetto ( che, invero, può essere comunicato assieme al titolo esecutivo), una vera e propria diffida a pagare entro 10 giorni, contenente gli estremi ed il contenuto del provvedimento su cui si fonda la pretesa. Nel caso in cui dovesse sussistere il pericolo nel ritardo è possibile richiedere al Presidente del tribunale l’autorizzazione a procedere ad esecuzione immediata senza dover attendere i 10 giorni canonici.
Nell’ipotesi in cui il soggetto debitore sia una Pubblica Amministrazione, prima di notificare il precetto il creditore dovrà attendere lo spirare del termine di 120 giorni fissato dall’art. 14, comma 1, D.L. 669/1996 per consentire alle amministrazioni dello Stato ed agli enti pubblici non economici di completare l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di denaro.
Trascorsi i 10 giorni, e comunque entro il termine massimo di 90 giorni dalla notifica del precetto (dopo il quale l’atto di precetto “decade”, con necessità per il creditore di provvedere alla notifica di un nuovo precetto) si potrà procedere ad esecuzione forzata, ossia al pignoramento.
La scelta sulla tipologia di pignoramento spetta al creditore; il debitore ne avrà contezza solo dopo la relativa notifica, potendo comunque adempiere al debito in qualsiasi momento.
Scelta che, naturalmente, è condizionata anche dall’esito delle apposite e spesso necessarie indagini finalizzate all’individuazione dei beni o delle liquidità su cui potersi rivalere: sul tema, si rimanda all’approfondimento contenuto nell’apposita guida.
IL PIGNORAMENTO
L’espropriazione forzata, dunque, inizia con l’atto di pignoramento.
Invero, non è richiesto il pignoramento se oggetto di espropriazione sono cose soggette a pegno o ad ipoteca (art. 491 e 502 c.p.c.): in questo caso, infatti, l’ordinamento ritiene già acquisiti gli effetti propri del pignoramento per cui è possibile il deposito dell’istanza di vendita o di assegnazione dopo la notifica del precetto e senza la previa notifica dell’atto di pignoramento.
Il pignoramento può assumere diverse forme:
- pignoramento immobiliare, che ha per oggetto i beni immobili;
- pignoramento mobiliare, che ha per oggetto cose mobili;
- pignoramento presso terzi, che ha per oggetto crediti o più un generale beni del debitore che sono nella disponibilità del terzo.
La funzione del pignoramento è quella di vincolare determinati beni del debitore al soddisfacimento del diritto di credito del creditore procedente e anche di tutti gli altri creditori che dovessero intervenire successivamente nel processo esecutivo.
Si tratta di un vincolo giuridico che riguarda il valore di scambio dei beni e non il loro utilizzo: il debitore, infatti, può continuare a disporre materialmente dei beni pignorati, salvo evitare di tenere comportamenti che possano comportare la sottrazione, la distruzione o il deterioramento dei beni medesimi.
Il pignoramento consiste nell‘intimazione dell’ufficiale giudiziario al debitore di non sottrarre i beni pignorati e i loro frutti alla garanzia del credito (comma 1, art. 492 c.p.c.): saranno, pertanto, inefficaci – nei confronti del creditore procedente e di quelli intervenuti nell’esecuzione – gli atti che abbiano ad oggetto la vendita o qualunque altra disposizione giuridica dei beni espropriati.
La notifica del pignoramento deve essere fatta entro 90 giorni da quella del precetto (art. 481 c.p.c., comma 1) e nell’intimazione al debitore, l’ufficiale giudiziario deve indicare esattamente il credito per cui si procede e i beni che si intendono pignorare.
Inoltre, il pignoramento deve contenere l’invito rivolto al debitore a dichiarare la propria residenza o il domicilio eletto e l’avvertimento di poter chiedere al giudice dell’esecuzione competente la sostituzione dei beni e dei crediti pignorati con una somma di denaro; quest’ultima deve comunque essere pari all’ammontare del credito dovuto al procedente e agli intervenuti comprensivo del capitale, degli interessi, delle spese e dei costi di esecuzione.
In generale, il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede comprensiva delle spese, incaricandolo di consegnarla al creditore (art. 494 c.p.c.); nel caso in cui si tratti di pignoramento di cose, il debitore può consegnare all’ufficiale giudiziario una somma di denaro pari all’importo del credito e delle spese, aumentato di due decimi.
IL PIGNORAMENTO IMMOBILIARE
Qualora il pignoramento abbia ad oggetto beni immobili di proprietà del debitore si parla di pignoramento immobiliare.
Per provvedervi, è necessario notificare al debitore un atto di pignoramento con indicazione di tutti gli estremi idonei a identificare in maniera univoca il bene che si intende pignorare e, poi, trascrivere tale atto nei registri immobiliari.
L’atto notificato e la nota di trascrizione nei registri immobiliari vanno poi depositati dal creditore in Tribunale nel termine di 15 giorni: in tal modo inizia formalmente la procedura di esecuzione.
Ad ogni modo, la vendita o l’assegnazione del bene devono avvenire al massimo entro 45 giorni dal suo pignoramento che, in caso contrario, perde ogni efficacia, con conseguente cancellazione della relativa trascrizione.
IL PIGNORAMENTO MOBILIARE
L’espropriazione mobiliare è un procedimento esecutivo giudiziario che ha ad oggetto i beni mobili di proprietà del debitore, sottratti coattivamente al possessore con il pignoramento al fine di soddisfare il creditore con la loro vendita o la loro assegnazione.
Se i beni si trovano presso il debitore, si parla di espropriazione mobiliare presso il debitore, che si distingue dall’ipotesi in cui i predetti beni si trovano presso altri soggetti, nel qual caso si parla invece di espropriazione mobiliare presso terzi.
Questa tipologia di esecuzione forzata è assoggettata a determinati limiti: il pignoramento mobiliare non può essere eseguito nei giorni festivi né prima delle ore 7 o dopo le ore 21; tuttavia, il pignoramento che sia iniziato nelle ore prescritte, può essere eseguito sino al suo compimento.
L’ufficiale giudiziario, una volta munito di titolo esecutivo e di precetto, può iniziare la ricerca di quei beni mobili non considerati impignorabili dalla legge; la ricerca può avvenire presso l’abitazione del debitore, presso altri luoghi a lui appartenenti e sulla sua persona (in quest’ultimo caso, tuttavia, occorre rispettare le cautele opportune a non ledere il decoro di chi la subisce).
I beni pignorabili dall’ufficiale giudiziario sono beni mobili, denaro e titoli di credito. Per realizzare il pignoramento è sufficiente che essi si trovino in luoghi di cui il debitore ha la disponibilità. Non è, invece, necessario verificarne la proprietà.
La legge indica espressamente alcuni beni mobili come impignorabili in modo assoluto: si tratta di quei beni che hanno per il debitore un determinato valore religioso, oppure che garantiscono il sostentamento suo e della sua famiglia.
Di tutte le operazioni compiute l’ufficiale giudiziario redige processo verbale, nel quale sono descritti i beni pignorati, il loro stato e la stima del loro valore, le disposizioni impartite per la loro conservazione. Le operazioni di stima possono essere anche differite sino a massimo trenta giorni. Nel medesimo documento è fatta relazione anche delle disposizioni date per la conservazione delle cose pignorate.
Compiute le operazioni, l’ufficiale deve consegnare senza ritardo al creditore il processo verbale, il titolo esecutivo ed il precetto; quindi, il creditore dovrà depositare entro 15 giorni (nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione) la nota di iscrizione a ruolo e le copie conformi degli atti ricevuti dall’ufficiale giudiziario; se il deposito non viene effettuato nei termini, il pignoramento perde di efficacia.
Decorsi 10 giorni dal pignoramento, sulla base dell’articolo 501 del codice di rito, il creditore può chiedere al giudice, con apposita istanza, che venga distribuito il denaro pignorato o che vengano venduti i beni. Il giudice dell’esecuzione può, quindi, disporre che la vendita avvenga mediante l’istituto di vendite giudiziarie oppure al pubblico incanto.
IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI
Quest’ultima tipologia di pignoramento riguarda i beni del debitore che sono nella disponibilità di uno o più terzi.
L’atto di pignoramento, notificato al terzo e al debitore, deve dunque innanzitutto contenere l’ingiunzione a non compiere atti dispositivi sui beni e sui crediti assoggettati al pignoramento, come previsto in via generale dall’articolo 492 c.p.c..
Lo stesso, poi, deve contenere l’indicazione, almeno generica, delle cose e delle somme dovute, l’intimazione al terzo di non disporne se non per ordine del giudice, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente e l’indicazione dell’indirizzo p.e.c. del creditore procedente.
L’atto, infine, deve contenere la citazione del debitore a comparire dinanzi al giudice competente, indicando un’udienza nel rispetto del termine dilatorio di pignoramento di cui all’articolo 501 c.p.c., e l’invito al terzo a rendere entro dieci giorni al creditore procedente la dichiarazione prevista dall’articolo 547 c.p.c., con l’avvertimento che in caso contrario la stessa dovrà essere resa comparendo in un’apposita udienza e che se il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore si considereranno non contestati nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, se l’allegazione del creditore consente l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo.
L’originale dell’atto di citazione è consegnato al creditore senza ritardo dall’ufficiale giudiziario, non appena eseguita l’ultima notificazione.
A questo punto il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto entro trenta giorni dalla consegna, pena perdita di efficacia del pignoramento.
Il terzo dovrà dunque rendere al creditore procedente una dichiarazione, da farsi a mezzo raccomandata a/r o p.e.c. anche attraverso procuratore speciale o difensore munito di procura speciale, nella quale specifica di quali cose o somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna, i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state già notificate o che ha accettato.
Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non è possibile identificare esattamente il credito o i beni del debitore in suo possesso, il giudice, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo.
Dal momento in cui gli è notificato l’atto di pignoramento, poi, il terzo è tenuto a rispettare gli obblighi imposti dalla legge al custode con riferimento alle cose e alle somme dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà.
In ogni caso, non tutti i crediti del debitore verso il terzo possono essere pignorati: sono impignorabili i crediti alimentari (tranne che per le cause di alimenti), i crediti aventi come oggetto sussidi di grazia o sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri o dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.
Altresì, il D.L. n. 83/2015 ha introdotto nuovi limiti con riferimento al pignoramento delle somme relative al rapporto di lavoro o di impiego: le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a causa di licenziamento), possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato; mentre per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e per ogni altro credito di qualsivoglia altro soggetto possono essere pignorate nella misura di un quinto; altresì, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà, mentre la parte eccedente è pignorabile nelle misure previste per stipendio e salario e per le altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego.