Cassazione: inefficace conversione dei motivi di licenziamento durante il periodo di preavviso
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 12/10/10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 2585/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2585-2007 proposto da:
SOCIETA’ EDITRICE PADANA – S.E.P. S.P.A., in proprio e quale
incorporante di EDITORIALE IL GAZZETTINO S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA EMANUELE GIANTURCO N. 1, presso lo studio dell’avvocato XXXX, rappresentato e difeso dagli avvocati XXXX, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato XXXX,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato XX,
giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 823/2 005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 12/01/2006 R.G.N. 775/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/10/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;
udito l’Avvocato XXX;
udito l’AvvocatoXXX per delega XXX;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1. L.A., con distinti ricorsi, convenne in giudizio la
Societa’ Editrice Padana – SEP spa e l’Editoriale Il Gazzettino spa,
dinanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Venezia, il quale, con
sentenza non definitiva, dichiaro’ l’inefficacia del licenziamento
per giusta causa intimato al L. il 30 maggio 2002-4 giugno 2002,
perche’ disposto quando il rapporto di lavoro era gia’ cessato a
seguito di un precedente licenziamento per giustificato motivo del 1
marzo 2002.
2. La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la decisione, con
sentenza pubblicata il 12 gennaio 2006.
3. Le due societa’ ricorrono per cassazione, articolando due motivi.
Il L. si difende con controricorso. Le parti hanno presentato
memorie.
4. I dati di fatto sono i seguenti. Vi sono stati due licenziamenti.
Il primo per giustificato motivo oggettivo, intimato in questi
termini: “nell’ambito della riorganizzazione del gruppo SEP, con
decorrenza 1 marzo 2002 viene abolita anche nella nostra societa’ la
posizione di direttore generale. La informiamo pertanto che in pari
data cessa l’incarico da lei svolto al riguardo presso di noi e
vengono revocati i relativi poteri”. Circa due mesi dopo al L.,
a seguito della contestazione di una serie di addebiti, e’ pervenuta
un’altra lettera di licenziamento, in cui si afferma: reputati i
fatti contestati di gravita’ rilevante “tale da compromettere il
vincolo fiduciario, procediamo a convenire il licenziamento per
giustificato motivo intimatole con lettera del 1 marzo 2002 in
licenziamento per giusta causa, con tutti i conseguenti effetti
sull’indennita’ sostitutiva del preavviso ed ogni altro istituto di
legge e contratto”.
5. Era possibile questa che viene definita conversione del
licenziamento? O comunque era possibile un nuovo licenziamento?
Secondo le societa’ si, perche’ il rapporto era ancora in corso.
Secondo il direttore L. no, perche’ il rapporto si era gia’
estinto a seguito del primo licenziamento, tesi condivisa tanto dal
Tribunale che dalla Corte.
6. Con il primo motivo le societa’ denunziano: “Omessa, insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Premesso che
il secondo licenziamento fu intimato quando era in corso il periodo
di preavviso del precedente licenziamento, si assume che la tesi
dell’automatica risoluzione del rapporto contrasta con la natura
reale del preavviso e che solo l’accordo delle parti avrebbe potuto
determinare l’estinzione prima dell’integrale decorso del preavviso,
accordo che nella specie non vi e’ stato.
7. Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 2118
cod. civ. La Corte avrebbe interpretato erroneamente l’art. 21 del
c.c.n.l. per i direttori amministrativi, che prevede il pagamento di
una indennita’ in cifra fissa, comprensiva del preavviso, in caso di
licenziamento per giustificato motivo, desumendone che in tal modo il
licenziamento estingue immediatamente il rapporto. Tale
interpretazione contrasta, a parere delle ricorrenti, con quanto
previsto dall’art. 2118 cod. civ. che non consente al datore di
estinguere immediatamente il rapporto pagando l’indennita’
sostitutiva del preavviso, salvo che non vi sia sul punto l’accordo
delle parti.
8. I due motivi sono connessi e devono essere esaminati
congiuntamente.
9. Il presupposto del ragionamento delle ricorrenti e’ che il
preavviso abbia efficacia reale. La natura reale del preavviso e’
stato pero’ negata da una pluralita’ di decisioni di questa Corte, le
quali hanno affermato e motivato la tesi della efficacia
obbligatoria.
10. Cass. 21 maggio 2007, n. 11740, affermo’ il seguente principio di
diritto: “Alla stregua di una interpretazione letterale e logico-
sistematica dell’art. 2118 cod. civ., nel contratto di lavoro a tempo
indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in
mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del
rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte
le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha
efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una
delle parti eserciti la facolta’ di recedere con effetto immediato,
il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico
obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennita’
sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza
eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente,
nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone
interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone
l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso”.
11. Il principio e’ stato poi ribadito in contesti diversi e con
molteplici applicazioni.
12. Cass. 5 ottobre 2009, n. 21216, ha affermato che l’efficacia
obbligatoria del preavviso, implicando l’estinzione immediata del
rapporto con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere
l’indennita’ sostitutiva, comporta che tale indennita’ non rientra
nella base di calcolo delle mensilita’ supplementari, delle ferie e
del trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore
dimissionario, non riferendosi ad un periodo lavorato dal dipendente.
13. Cass. 16 giugno 2009, n. 13959, ha, a sua volta, affermato che
“Il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, con esonero per il lavoratore dalla relativa
prestazione, determina l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro
a tutti gli effetti giuridici, con la conseguenza che il periodo di
preavviso non lavorato non puo’ essere computato ai fini del
raggiungimento del requisito dei due anni d’iscrizione nell’AGO
contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione
dell’indennita’ ordinaria di disoccupazione”.
14. Nel caso in esame, l’efficacia meramente obbligatoria del
preavviso comporta un’ulteriore implicazione: il primo licenziamento,
essendo soggetto alla clausola collettiva che prevede l’obbligo di
corresponsione di una indennita’ in cifra fissa, comprensiva
dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, ha comportato l’estinzione
del rapporto; di conseguenza, il successivo nuovo licenziamento e’
atto privo di efficacia, inidoneo ad incidere su di un rapporto ormai
esaurito.
15. La lettura dell’art. 2118 cod. civ., formulata nella decisione
11740/2007, esclude, poi, il dubbio, prospettato nel secondo motivo
di ricorso, sulla legittimita’ della previsione collettiva su
richiamata. Tale previsione contrattuale, infatti, non collide con
l’art. 2118 cod. civ. che consente di estinguere con effetto
immediato il rapporto, corrispondendo l’indennita’ di mancato
preavviso.
16. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Le spese devono
essere poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione,
in favore della controparte, delle spese del giudizio di
legittimita’, che liquida in Euro 69,00, nonche’ 4.000,00 Euro per
onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2010