Cassazione: quantificazione del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo ed età di pensionamento
La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo fondante secondo il quale, nel caso di specie, risultava violato il comma 9 dell’art. 4 della citata legge n. 223 del 1991 in quanto nell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, comunicato agli organi amministrativi e sindacali, non era stata predisposta alcuna graduatoria tale da consentire la valutazione comparativa di tutti i dipendenti tra i quali la scelta era stata operata rimanendo, in tal modo, impedita qualsiasi verifica in ordine la rispetto di scelta adottato e, quindi, alcun controllo ai sindacati, ai lavoratori e al giudice, se non ex post in sede contenziosa. Conseguentemente, la predetta Corte, ordinava alla società in epigrafe di reintegrare il lavoratore licenziato e la condannava, a titolo di danno, al pagamento delle retribuzioni globali di fatto sino al compimento del 65 anno di età, epoca del pensionamento.
Infatti la censura non è esaminabile in relazione al dedotto vizio di motivazione in quanto, a parte ogni considerazione circa l’ammissibilità della contemporanea deduzione di violazione di legge e di vizio di motivazione – pur negata da alcune sentenze di questa Corte (Cass. 11 aprile 2008 n.9470 e 23 luglio 2008 n.20355 e ancora nello stesso senso 29 febbraio 2008 n.5471, Cass. 31 marzo 2009 n. 7770)- vi è di contro il rilevo assorbente che manca la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Cass. 1 ottobre 2007 n. 2063) che si deve sostanziare in una sintesi riassuntiva omologa al quesito di diritto(cfr. Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556, Cass. S.U. 18 giugno 2008 n. 16528 e Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 2063. Né del resto può demandarsi a questa Corte di estrapolare dai vari quesiti di diritto e dalla parte argomentativa quali passaggi siano riferibili al vizio di motivazione e quali al violazione di legge, diversamente sarebbe elusa la ratio dell’art. 366 bis cpc. Tanto, d’altro canto, corrisponde alla regola della specificità dei motivi del ricorso ex art. 366 n. 4 cpc. Né è consentito a questa Corte di sostituirsi alla parte nella individuazione concreta della situazione di fatto sottesa alla censura (Cass. 23 marzo 2005 n. 6225).
Ed è appunto quest’ultima ipotesi che ricorre nel caso in esame nel quale si chiede a questa Corte di procedere ad un riesame della documentazione per verificare se questa sia o meno conforme a quanto prescritto della legge.