In ricordo di Vittorio Foa
Nato in una famiglia ebraica (per parte di padre) e nipote di un rabbino, entra giovanissimo in banca come impiegato, e nel 1930 si arruola come ufficiale di completamento nel reggimento del re Umberto II. Si laurea nel 1933 in Giurisprudenza all’Università di Torino, ed entra a far parte del movimento politico antifascista Giustizia e Libertà. Il 15 maggio del 1935, all’età di 25 anni, viene arrestato a Torino in seguito alla segnalazione di un confidente dell’Ovra, e denunciato al tribunale speciale fascista, che lo condanna a 15 anni di reclusione per attività antifascista. In carcere condividerà la cella con personaggi come Ernesto Rossi e Massimo Mila, sposando il pensiero politico liberale di Benedetto Croce. Esce dal carcere nell’agosto del 1943, e subito entra a far parte del Partito d’Azione (PdA), di cui diviene segretario assieme a Ugo La Malfa, Altiero Spineli, Oronzo Reale ed Emilio Lussu. Per mandato del partito, diventa rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln), abbracciando la Resistenza. Nel giugno del 1946 l’Assemblea costituente lo nomina deputato per il PdA, e dopo lo scioglimento dell’anno seguente passerà al Partito socialista italiano.
Ne diventa dirigente nazionale, continuando ad essere confermato deputato per tre legislature consecutive. Nel 1948 entra nella Fiom, della quale diventerà segretario nazionale nel 1955. Nell’ottobre del ’49 inoltre entra nella segreteria nazionale della Cgil, per cui ricopre l’incarico di vicesegretario dell’ufficio studi. Nel 1959 collabora con la rivista “Passato e presente”, diretta da Carlo Ripa di Meana con l’aiuto di Antonio Giolitti, mentre Foa si delinea velocemente come uno dei massimi teorici dell’autonomia operaia, ispirando con le sue tesi la nascita dell’omonimo movimento politico, molti anni dopo. Sciverà, nel 1961, il primo editoriale dei “Quaderni Rossi” di Raniero Panzieri. Nel 1964 la scissione a sinistra nelle fila del Psi porta alla nascita del Partito Socialista di Unità proletaria (Psiup), di cui Foa diventa dirigente nazionale. Nel 1966 collabora con il giornale “La sinistra” e poi, nel 1969, con “Il Manifesto”, il giornale che è nato da un’ulteriore scissione, questa volta all’interno del Pci. Per un breve periodo farà parte della direzione del giornale, ma nel 1970 sceglie di lasciare la politica, la Cgil e il Psiup per ritirarsi a vita privata. Due anni più tardi il partito subisce una dura sconfitta elettorale, in seguito alla quale decide di sciogliersi. È in questo momento che Foa decide, insieme ad altri socialisti, di dare vita al Nuovo Psiup, che nel 1972 confluirà nel Partito di Unità Proletaria (Pdup), di cui diviene nuovamente dirigente nazionale. È forte in lui l’idea di dare uno spazio governativo alle forze politiche extraparlamentari, per portarle al governo distogliendole dalla visione rivoluzionaria. È il 1974 quando il Pdup si unifica con il gruppo del Manifesto, con cui parte la promozione di una nuova lista unica per la sinistra: nel ’75 infatti nasce Democrazia proletaria (Dp).
Due anni più tardi collabora con il “Quotidiano dei lavoratori”, giornale di Autonomia operaia. Cerca un nuovo allontanamento dall’agone politico, con l’ultimo intervento pubblico del gennaio 1980 al congresso di Dp, promettendo di non occuparsi di politica “per almeno quattro anni”. Si dedica dunque all’insegnamento, accettando la cattedra di Storia Contemporanea alle Università di Modena e Torino. Nel giugno del 1987 viene eletto senatore nelle liste del Pci, come indipendente, nel quale rimane anche dopo la trasformazione in Partito Democratico della sinistra (Pds). Nel 1992 decide di abbandonare definitivamente la politica, per dedicarsi alla scrittura. Ha dato alle stampe numerosi libri, in parte autobiografici, ed ha ricevuto gli auguri per i suoi 95 anni dall’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. È morto il 20 ottobre 2008 a Formia, dopo lunga malattia, all’età di 98 anni.