Professori di serie a e professori di serie b ovvero sulla condizione dei docenti di seconda fascia nel comparto AFAM
Più volte e per ragioni di natura professionale sono stato chiamato ad approfondire tematiche giuridiche connesse allo status dei professori di seconda fascia del comparto AFAM.
La prima cosa balzata subito ai miei occhi è che, nonostante le “apparenze” (il dato contrattual-collettivo), tali professori, nella sostanza, non godessero dello status di docente. Pertanto, a prescindere dal dato letterale (professore di seconda fascia), tali lavoratori venivano visti coma una specie di branco di “appestati” da confinare in un lazzaretto.
E, si badi bene, in molti casi questo atteggiamento non era proprio solo del “potere costituito” (Direzione Generale AFAM-MIUR, Direttori delle Istituzioni laddove conniventi, e talune sigle sindacali), ma aveva permeato gli animi anche dei colleghi “privilegiati”, quelli, appunto, di prima fascia.
Nell’approfondire il “trattamento” riservato ai professori di seconda fascia, ho potuto rendermi conto di parecchie cose. Il “caso” dei professori di seconda fascia è, infatti, un caso paradigmatico che, se correttamente approfondito, consente di comprendere abbastanza facilmente quale sia stata la strategia e la tecnica di governo del settore, quantomeno nell’ultimo decennio. E, si badi bene, quando parlo di governo (anche se forse sarebbe stato meglio dire “sgoverno”) del settore intendo non solo riferirmi alla tecnocrazia ministeriale ma anche ad altri soggetti che hanno giocato invero un ruolo decisivo.
Strategia e tecnica si diceva. Beh la strategia è nota ed è quindi inutile spendere più di tante parole: affossare la riforma del settore contenuta in seno alla Legge 508/1999 attraverso una mancata attuazione della stessa o, peggio ancora, attraverso una attuazione in contrasto con i principi informatori della Legge stessa.
Per quanto attiene alla tecnica usata, anche questa dovrebbe essere nota, ma è opportuno comunque esplicitare qualche riflessione. Trattasi di tecnica tanto datata quanto efficace. Gli antichi romani solevano utilizzare la perifrasi “divide et impera”, dividi e comanda. Si dividono i Direttori dal resto del corpo docente, i professori di prima fascia da quelli di seconda fascia, ed il gioco è presto fatto.
Poi se si aggiunge che la natura umana è quella che è (in particolar modo da noi in Italia) ben si capisce come spesso (per non dire sempre) Direttori sin troppo ligi al potere si siano affrettati ad attuare “direttive” suggerite dall’alto laddove avrebbero potuto seguire un’impostazione differente salvando la faccia (a volte di bronzo, lasciatemelo dire; non me ne vogliano i Direttori “tutti d’un pezzo”) da figuracce tribunalizie.
Ben si capisce altresì come, per qualche euro in più (non me ne voglia il grande Sergio Leone), professori (di prima o seconda fascia) si siano prestati a “giochi di potere” all’interno delle singole Istituzioni.
Ben si capisce, infine, quale sia stato – a prescindere dalle dichiarazioni di facciata – il ruolo giocato da alcune sigle sindacali all’interno di tale meccanismo. L’osservatore attento dovrebbe domandarsi il perché esista una sorta di “corrispondenza di amorosi sensi” (non me ne voglia Foscolo!) fra la Direzione Generale AFAM, una particolare sigla sindacale e gran parte dei Direttori (iscritti o, comunque riconducibili, alla medesima sigla sindacale).
Io la mia risposta ce l’ho e la tengo per me, sarebbe già un successo se anche i lavoratori si ponessero lo stesso interrogativo e si dessero una risposta (qualunque essa sia) poiché ciò rappresenterebbe una indubbia presa di coscienza del problema.
Tornando alla condizione dei professori di seconda fascia, sono noti i passi in avanti compiuti rispetto a qualche anno addietro quando, su input dell’O.S. UNAMS e di alcuni lavoratori in “trincea” a cui, a mio sommesso avviso, dovrebbe andare il plauso di tutti i colleghi, abbiamo iniziato alcune battaglie giudiziarie che hanno segnato un punto di non ritorno.
In quattro occasioni abbiamo fatto annullare le elezioni per altrettanti Consigli Accademici che avevano visto l’esclusione illegittima dei professori di seconda fascia dal novero dei candidati. In uno di questi casi siamo andati anche dinanzi al Giudice del Lavoro a farci liquidare il danno morale (provocato dall’esser stati esclusi in quanto ex assistenti e dunque “non docenti”).
In molte altre occasioni siamo riusciti a far affermare il principio secondo cui gli esami “riservati” per i c.d. precari erano illegittimi e che, conseguente, anche docenti di ruolo di seconda fascia devono essere inseriti in seno alle graduatorie nazionali ad esaurimento per i ruoli di prima fascia.
Adesso abbiamo di fronte una nuova sfida. Chiarire che il CCNL vigente obbliga le Istituzioni a conferire ai professori di seconda fascia incarichi in relazione ad insegnamenti di prima fascia qualora: a) il posto sia vacante; b) le graduatorie nazionali ad esaurimento siano esaurite; c) il posto non sia oggetto di possibili trasferimenti territoriali; d) il docente di seconda fascia sia competente e ne abbia fatto espressa richiesta.
Troppo spesso, infatti, abbiamo assistito ad incarichi dati, sulla scorta di graduatorie d’istituto, a docenti “esterni” che, una volta raggiunti 365 giorni di supplenza, passano di ruolo (ed in prima fascia!) calpestando i diritti e gli interessi di chi sono anni ed anni che spera di poter progredire nella propria carriera.
Non sappiamo ancora cosa ci attenderà con il prossimo rinnovo contrattuale ma una cosa è certa: a prescindere dagli slogan e dalle promesse che si sentono circolare nei corridoi delle Istituzioni AFAM, bisognerà guardare agli atti concreti. E spesso chi mette in giro quelle voci o fa quelle promesse di atti concreti, in passato, non ne ha compiuti o, peggio, ne ha compiuti di segno opposto.
C’è un solo modo per spezzare la catena del potere: punire elettoralmente (non solo a livello di rsu, ma anche per quanto attiene agli organi delle Istituzioni quali Direttore, Consiglio Accademico, Consiglio di Amministrazione) e finanziariamente (deleghe sindacali) quei soggetti, siano essi individuali o collettivi (sindacati), che hanno ideato ed attuato la strategia appena descritta e, parallelamente, premiare (sia elettoralmente che finanziariamente) chi invece a quella strategia si è opposto ottenendo più di un successo nell’interesse dell’intera categoria.
La prima cosa balzata subito ai miei occhi è che, nonostante le “apparenze” (il dato contrattual-collettivo), tali professori, nella sostanza, non godessero dello status di docente. Pertanto, a prescindere dal dato letterale (professore di seconda fascia), tali lavoratori venivano visti coma una specie di branco di “appestati” da confinare in un lazzaretto.
E, si badi bene, in molti casi questo atteggiamento non era proprio solo del “potere costituito” (Direzione Generale AFAM-MIUR, Direttori delle Istituzioni laddove conniventi, e talune sigle sindacali), ma aveva permeato gli animi anche dei colleghi “privilegiati”, quelli, appunto, di prima fascia.
Nell’approfondire il “trattamento” riservato ai professori di seconda fascia, ho potuto rendermi conto di parecchie cose. Il “caso” dei professori di seconda fascia è, infatti, un caso paradigmatico che, se correttamente approfondito, consente di comprendere abbastanza facilmente quale sia stata la strategia e la tecnica di governo del settore, quantomeno nell’ultimo decennio. E, si badi bene, quando parlo di governo (anche se forse sarebbe stato meglio dire “sgoverno”) del settore intendo non solo riferirmi alla tecnocrazia ministeriale ma anche ad altri soggetti che hanno giocato invero un ruolo decisivo.
Strategia e tecnica si diceva. Beh la strategia è nota ed è quindi inutile spendere più di tante parole: affossare la riforma del settore contenuta in seno alla Legge 508/1999 attraverso una mancata attuazione della stessa o, peggio ancora, attraverso una attuazione in contrasto con i principi informatori della Legge stessa.
Per quanto attiene alla tecnica usata, anche questa dovrebbe essere nota, ma è opportuno comunque esplicitare qualche riflessione. Trattasi di tecnica tanto datata quanto efficace. Gli antichi romani solevano utilizzare la perifrasi “divide et impera”, dividi e comanda. Si dividono i Direttori dal resto del corpo docente, i professori di prima fascia da quelli di seconda fascia, ed il gioco è presto fatto.
Poi se si aggiunge che la natura umana è quella che è (in particolar modo da noi in Italia) ben si capisce come spesso (per non dire sempre) Direttori sin troppo ligi al potere si siano affrettati ad attuare “direttive” suggerite dall’alto laddove avrebbero potuto seguire un’impostazione differente salvando la faccia (a volte di bronzo, lasciatemelo dire; non me ne vogliano i Direttori “tutti d’un pezzo”) da figuracce tribunalizie.
Ben si capisce altresì come, per qualche euro in più (non me ne voglia il grande Sergio Leone), professori (di prima o seconda fascia) si siano prestati a “giochi di potere” all’interno delle singole Istituzioni.
Ben si capisce, infine, quale sia stato – a prescindere dalle dichiarazioni di facciata – il ruolo giocato da alcune sigle sindacali all’interno di tale meccanismo. L’osservatore attento dovrebbe domandarsi il perché esista una sorta di “corrispondenza di amorosi sensi” (non me ne voglia Foscolo!) fra la Direzione Generale AFAM, una particolare sigla sindacale e gran parte dei Direttori (iscritti o, comunque riconducibili, alla medesima sigla sindacale).
Io la mia risposta ce l’ho e la tengo per me, sarebbe già un successo se anche i lavoratori si ponessero lo stesso interrogativo e si dessero una risposta (qualunque essa sia) poiché ciò rappresenterebbe una indubbia presa di coscienza del problema.
Tornando alla condizione dei professori di seconda fascia, sono noti i passi in avanti compiuti rispetto a qualche anno addietro quando, su input dell’O.S. UNAMS e di alcuni lavoratori in “trincea” a cui, a mio sommesso avviso, dovrebbe andare il plauso di tutti i colleghi, abbiamo iniziato alcune battaglie giudiziarie che hanno segnato un punto di non ritorno.
In quattro occasioni abbiamo fatto annullare le elezioni per altrettanti Consigli Accademici che avevano visto l’esclusione illegittima dei professori di seconda fascia dal novero dei candidati. In uno di questi casi siamo andati anche dinanzi al Giudice del Lavoro a farci liquidare il danno morale (provocato dall’esser stati esclusi in quanto ex assistenti e dunque “non docenti”).
In molte altre occasioni siamo riusciti a far affermare il principio secondo cui gli esami “riservati” per i c.d. precari erano illegittimi e che, conseguente, anche docenti di ruolo di seconda fascia devono essere inseriti in seno alle graduatorie nazionali ad esaurimento per i ruoli di prima fascia.
Adesso abbiamo di fronte una nuova sfida. Chiarire che il CCNL vigente obbliga le Istituzioni a conferire ai professori di seconda fascia incarichi in relazione ad insegnamenti di prima fascia qualora: a) il posto sia vacante; b) le graduatorie nazionali ad esaurimento siano esaurite; c) il posto non sia oggetto di possibili trasferimenti territoriali; d) il docente di seconda fascia sia competente e ne abbia fatto espressa richiesta.
Troppo spesso, infatti, abbiamo assistito ad incarichi dati, sulla scorta di graduatorie d’istituto, a docenti “esterni” che, una volta raggiunti 365 giorni di supplenza, passano di ruolo (ed in prima fascia!) calpestando i diritti e gli interessi di chi sono anni ed anni che spera di poter progredire nella propria carriera.
Non sappiamo ancora cosa ci attenderà con il prossimo rinnovo contrattuale ma una cosa è certa: a prescindere dagli slogan e dalle promesse che si sentono circolare nei corridoi delle Istituzioni AFAM, bisognerà guardare agli atti concreti. E spesso chi mette in giro quelle voci o fa quelle promesse di atti concreti, in passato, non ne ha compiuti o, peggio, ne ha compiuti di segno opposto.
C’è un solo modo per spezzare la catena del potere: punire elettoralmente (non solo a livello di rsu, ma anche per quanto attiene agli organi delle Istituzioni quali Direttore, Consiglio Accademico, Consiglio di Amministrazione) e finanziariamente (deleghe sindacali) quei soggetti, siano essi individuali o collettivi (sindacati), che hanno ideato ed attuato la strategia appena descritta e, parallelamente, premiare (sia elettoralmente che finanziariamente) chi invece a quella strategia si è opposto ottenendo più di un successo nell’interesse dell’intera categoria.
Avv. Giuseppe Leotta