Lavoro part-time e discriminazione di genere
Con l’ordinanza n. 4313/2024, la Suprema Corte si è pronunciata sulla lesione dei diritti dei lavoratori part-time.
Il caso di specie è originato dal ricorso di una lavoratrice (accolto dalla pronuncia di primo grado successivamente confermata in appello) avverso il carattere discriminatorio della condotta datoriale che, nell’ambito di una procedura interna volta al passaggio ad una migliore fascia retributiva, la aveva penalizzata in quanto donna impiegata part-time rispetto ad un collega uomo con contratto full-time.
Nel vagliare e confermare la pronuncia di merito favorevole alla lavoratrice, la Cassazione ha ribadito che non può esistere alcun automatismo tra la riduzione dell’orario di lavoro e la riduzione dell’anzianità di servizio al fine di valutare progressioni economiche: la preparazione del lavoratore dipende da più variabili e non solo dalla quantità di ore lavorative prestate in un dato arco temporale. Pertanto, è necessario andare ad analizzare in concreto (tipo di mansioni, modalità di svolgimento, ecc.) se il rapporto proporzionale tra anzianità riconosciuta e ore di presenza al lavoro abbia un fondamento razionale oppure, come nel caso di specie, rappresenti una discriminazione in danno della lavoratrice a tempo parziale.
Per leggere il testo integrale della decisione: Corte di Cassazione, Ordinanza n. 4313-2024