Facciamo il punto sulla vicenda GKN
La notizia diffusa da tutti i media è che il Tribunale di Firenze ha sospeso i licenziamenti collettivi della GKN, multinazionale inglese del settore metalmeccanico, che aveva deciso di chiudere lo stabilimento toscano comunicando via e-mail il licenziamento a tutti i dipendenti.
Non si pensi, tuttavia, che la decisione riguardi il merito dei licenziamenti e che il decreto fiorentino ponga limiti al potere imprenditoriale di chiudere uno stabilimento: il Giudice ha rintracciato l’illegittimità della vicenda nel mancato rispetto della procedura di consultazione sindacale. Infatti l’azienda avrebbe dovuto coinvolgere il sindacato nella procedura da seguire, e ciò sulla base della disciplina legislativa dei licenziamenti collettivi e della contrattazione nazionale e aziendale applicabile. Il mancato rispetto di quelle norme è stato ritenuto un comportamento lesivo degli interessi del sindacato e in conseguenza di ciò i licenziamenti sono stati sospesi.
Questo vuol dire che se un’azienda decide di chiudere uno stabilimento, considerato che il lavoro e l’iniziativa economica privata sono entrambi diritti tutelati dalla Costituzione, il legislatore (italiano ed europeo) ha ritenuto che il sindacato e la contrattazione collettiva siano lo strumento più efficace per trovare il punto di bilanciamento tra i due diritti quando questi si pongano in contrapposizione.
Spesso però, soprattutto nel mondo della produzione globalizzata in cui viviamo, le procedure sindacali, anche se rispettate, non bloccano i licenziamenti del personale perché non sono in grado di evitare la chiusura dello stabilimento. Ecco allora che il diritto del lavoro e il diritto sindacale si scontrano con i loro limiti e devono cedere il passo alla politica.
Questa, ad esempio, dovrebbe essere in grado di fissare norme che impediscano alle aziende di beneficiare di aiuti ed agevolazioni finanziarie e poi trasferire la propria attività all’estero; oppure, con una intelligente politica industriale, si dovrebbero premiare quelle aziende che siano davvero in grado di reggere la concorrenza internazionale.