Pubblico impiego: sulla quantificazione del danno a seguito di illegittima revoca della posizione organizzativa
Con Ordinanza n.7067 del 12 marzo 2021, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sugli effetti della illegittima revoca della posizione organizzativa nel pubblico impiego ed ha ribadito che ai fini della quantificazione del danno non può essere ricompreso quanto dovuto a titolo di retribuzione di risultato tranne che il lavoratore, anche in via presuntiva, non provi che l’avrebbe maturata (in ragione del conseguimento del risultato).
IL FATTO – La Corte d’Appello di Cagliari, dopo aver dichiarato l’illegittimità della revoca della posizione organizzativa comminata dall’Amministrazione ad un proprio dipendente in quanto avvenuta senza attivare il contraddittorio con lo stesso, escludeva dal danno risarcibile la retribuzione di risultato legata alla percentuale di raggiungimento degli obiettivi.
Avverso la statuizione del giudice di merito, il dipendente ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la mancata ricomprensione della retribuzione di risultato nel danno risarcibile e sostenendo che tanto la mancata assegnazione degli obiettivi quanto la mancata valutazione dei risultati fossero imputabili ad una condotta omissiva dell’ente di cui egli non poteva subire gli effetti negativi.
LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE – La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso richiamando principi già affermati in precedenti statuizioni. Ed infatti, «la mancata assegnazione degli obiettivi e la mancata predisposizione di criteri di valutazione non sono fatti ex se sufficienti a fondare una pretesa risarcitoria del dipendente titolare della posizione organizzativa, non essendo scontato che ove il datore di lavoro avesse dato corso ai suoi adempimenti il dipendente avrebbe conseguito una valutazione positiva». Pertanto è onere del dipendente che abbia subito la revoca illegittima della posizione organizzativa di «allegare e dimostrare la chanche di conseguire il risultato, anche in via presuntiva».
Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 7067/2021