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Sull’esclusione dalla gara d’appalto in caso di violazioni fiscali e contributive

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Sull’esclusione dalla gara d’appalto in caso di violazioni fiscali e contributive

Con Sentenza n. 2397 del 14 aprile 2020, il Supremo Consesso amministrativo, Sezione V, ha chiarito quando l’omesso pagamento di tasse e contributi possa rivelarsi grave e legittimare l’esclusione da una gara pubblica anche prescindendosi dall’importo delle cartelle notificate all’appellante.

IL FATTO- Un operatore economico risultato aggiudicatario di un appalto pubblico veniva successivamente escluso dalla gara da parte della Stazione appaltante per carenza del requisito di regolarità contributiva del concorrente. Infatti, sebbene l’Amministrazione avesse attivato il contraddittorio con l’impresa, la prima rilevava che il debito tributario fosse di ammontare superiore alla soglia di tollerabilità fissata dall’art. 48 bis, commi 1 e 2 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e, idoneo ad integrare, per questo, la causa di esclusione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Pertanto, l’operatore economico  ricorreva innanzi al Tribunale amministrativo territorialmente competente ritenendo, tra l’altro che la Committente ne avesse illecitamente disposto l’esclusione “in mancanza di una violazione fiscale “definitivamente accertata” in senso proprio, considerato che agli atti impositivi mai era seguita la notifica di cartelle di pagamento relative alle violazioni contestate”. Il Tribunale adito rigettava il ricorso e l’impresa ricorreva innanzi al Consiglio di Stato.

LA DECISIONE DEL COLLEGIO- Il Supremo Consesso amministrativo, sulla stessa lunghezza d’onda del Collegio di prime cure, ha affermato che:

  • se “all’avviso di accertamento non impugnato non sia seguita una cartella di pagamento (…) non è d’impedimento a ritenere la violazione definitivamente accertata. Infatti la cartella di pagamento è il primo atto della fase di riscossione, che può essere contestata per vizi formali, ma senza che possa più discutersi dell’esistenza del debito tributario, che è iscritto a ruolo solo dopo la definitività degli stessi (…)”;
  • se la cartella di pagamento è mero strumento della riscossione che segue una notifica di un precedente avviso di accertamento (…), la definitività dell’accertamento decorre non già dalla notifica della cartella di pagamento, bensì da quella dell’avviso di accertamento (…)“.

Sulla scorta di tanto, il Collegio ha condiviso la sentenza di primo grado che ha considerato “definitivamente accertato” il debito tributario a carico dell’operatore economico per essere divenuto inoppugnabile l’avviso
di accertamento (come pure l’atto di contestazione), senza attribuire rilevanza alla mancata notifica
di una conseguente cartella di pagamento, merita conferma.

Inoltre, il Consesso ha ritenuto la violazione del caso di specie “grave” ai sensi della normativa sopra richiamata, ritenendo “irrilevante che le cartelle di pagamento notificate all’appellante ammontassero a poco più di duemila euro, dovendosi aver riguardo agli altri atti impositivi di cui la società era stata destinataria“.

Infine, il Consiglio di Stato ha affermato che l’Amministrazione non avrebbe potuto evitare l’esclusione dell’appellante per essere, prima dell’aggiudicazione definitiva, avvenuto il pagamento dei debiti tributari; lo impediva il principio di necessaria continuità del possesso dei requisiti di partecipazione che non è, come sostiene
l’appellante, riferito al solo possesso della SOA e valido per i soli appalti di lavori, ma si riferisce a tutti i requisiti generali e speciali di partecipazione e postula che gli stessi siano posseduti senza soluzione di continuità dal momento della presentazione della domanda di partecipazione all’aggiudicazione e per tutta la fase di esecuzione, qualora l’impresa sia aggiudicataria dell’appalto (…)“.

Sulla scorta di tanto, il Consesso ha rigettato il ricorso presentato dall’aspirante appaltatore.

Il testo completo della decisione: Consiglio di Stato, Sez. Quinta, Sentenza n. 2397 del 2020

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