Sul diritto del lavoratore di rifiutare le mansioni incompatibili con lo stato di salute
Con Sentenza n. 7566 del 27 marzo 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha affermato che un lavoratore, dopo un periodo di malattia protrattosi per oltre sessanta giorni può, in assenza di visita medica, legittimamente rifiutarsi di eseguire le mansioni incompatibili con il suo stato di salute.
IL FATTO- Una lavoratrice impugnava il licenziamento irrogatole per essersi collocata autonomamente in ferie alla scadenza del periodo di comporto, senza alcuna autorizzazione da parte del datore. Il Tribunale di prime e la Corte d’Appello disattendevano le doglianze della lavoratrice. Ciò in quanto, ad avviso della Corte, il datore non aveva omesso la «sorveglianza sanitaria (obbligo di “visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione“)», atteso che tale visita va effettuata prima della concreta assegnazione del lavoratore alle mansioni, momento non coincidente con la ripresa del lavoro e cioè con la formale presentazione nel luogo di lavoro. Pertanto, la lavoratrice adiva la Suprema Corte di Cassazione.
LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte di Cassazione, nel confermare la bontà delle decisioni di primo e secondo grado, ha chiarito che:
- se il lavoratore tornato da un lungo periodo di malattia è destinato alle stesse mansioni assegnategli prima dell’inizio del periodo di assenza «può astenersi dall’eseguire la prestazione dovuta, posto che l’effettuazione della visita medica si pone quale fondamentale obbligo del datore e l’omissione di questa giustifica una tale reazione da parte del lavoratore»;
- tuttavia, «non è consentito al prestatore di astenersi anche dalla prestazione sul posto di lavoro, una volta che sia venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza, trattandosi di un momento distintivo dall’assegnazione delle mansioni»..
Inoltre, la Suprema Corte ha ricordato che per consolidato principio «il lavoratore non ha incondizionata facoltà di sostituire alla malattia la fruizione delle ferie allo scopo di interrompere il decorso del periodo di comporto», come nel caso di specie. Sulla scorta di tanto, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso della lavoratrice.
Il testo completo della decisione: Cassazione civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 7566 del 2020