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Sulla prova del danno non patrimoniale in caso di ritardata rivalutazione pensionistica

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Sulla prova del danno non patrimoniale in caso di ritardata rivalutazione pensionistica

Con Sentenza n. 4886 del 24 febbraio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha affermato che il riconoscimento in ritardo della pensione di anzianità non consegue un danno in re ipsa, in quanto occorre necessariamente la prova del lamentato pregiudizio.

IL FATTO- Un lavoratore presentava domanda di pensione di anzianità, all’esito della quale l’INPS non riconosceva la rivalutazione contributiva per l’esposizione di ad amianto. Per tale ragione questi ricorreva innanzi al Tribunale competente che condannava l’INPS al risarcimento del danno in favore del ricorrente. Tuttavia, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, negava al lavoratore la riconoscibilità di un danno non patrimoniale, argomentando che tale danno non si ponesse quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo, essendo onere del ricorrente allegare non solo la condotta colposa ma anche di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l’inadempimento.

 LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte di Cassazione, confermando quanto statuito nella sentenza della Corte di appello, ha ritenuto che il danno patrimoniale non debba essere collegato tout court al mancato conseguimento della pensione in quanto:

  • quest’ultima non avrebbe potuto essere erogata in costanza di attività lavorativa;
  • la protrazione dell’attività lavorativa di per sé non era stata causa di una perdita patrimoniale.

Concludendo, la Corte ha ritenuto che sebbene possa configurarsi un danno non patrimoniale risarcibile quando il lavoratore, a causa dell’illegittimo diniego della domanda di pensionamento, sia costretto a protrarre la propria attività lavorativa, incombe sempre su quest’ultimo la dimostrazione, oltre della colpa dell’INPS, che il ritardato pensionamento abbia provocato un danno.

Sulla scorta di tanto, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore.

Il testo completo della decisione: Cassazione civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 4886 del 2020

 

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