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L’impatto dell’emergenza coronavirus sulle Istituzioni AFAM. Lettera aperta ai professori.

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L’impatto dell’emergenza coronavirus sulle Istituzioni AFAM. Lettera aperta ai professori.

Nel momento in cui formulo questa breve riflessione non è ancora integralmente chiaro quale sarà la portata dell’impatto del virus sulle nostre vite.

Dopo una prima fase in cui, complice anche una non corretta informazione, abbiamo assistito ad una generale sottovalutazione del problema, siamo ora nella fase della piena consapevolezza (con l’eccezione ahimè di taluni, forse ancora troppi).

È evidente che siamo di fronte a qualcosa che segnerà la storia dell’umanità, anche se non possiamo prevedere ancora in che termini.

A dimostrazione di ciò, valga l’esperienza di ieri notte. Sulla CNN ho assistito al dibattito fra Biden e Sanders per le primarie democratiche americane. L’agenda politica è stata completamente stravolta negli ultimi tre giorni. L’emergenza coronavirus ha assorbito almeno i due terzi della discussione con Biden che, da volpone qual è, ne ha approfittato per evitare di affrontare problematiche di carattere sistemico (la sanità, l’istruzione pubblica per tutti, la green economy etc. etc.) su cui la sua posizione, di fatto vecchia e conservatrice, avrebbe avuto meno “appeal”. Ha utilizzato la parola “war”, guerra, per rimarcare il carattere emergenziale della fase politica che si è aperta ed accreditarsi come affidabile gestore della stessa. Ovviamente Sanders ha controbattuto e quando il dibattito, per forza di cose, è dovuto ritornare sui “grandi temi” ha dimostrato di avere una visione del mondo completamente differente da quella del suo avversario mettendo quest’ultimo nella condizione di trovarsi finanche nell’imbarazzo di dover mentire in diretta televisiva (riguardo le posizioni assunte sulla sanità in quasi 50 anni di attività politica).

Siamo dunque in un momento assai delicato (per usare un eufemismo). E, a mio sommesso avviso, ciascuno deve fare la sua parte.

Non è, oggi, il momento delle rivendicazioni e del conflitto, bensì quello della collaborazione.

A prescindere dal dato normativo – da cui si evince chiaramente, per rimanere nel quotidiano del nostro piccolo mondo AFAM, che i professori non hanno alcun obbligo di recuperare le lezioni “saltate” per via della chiusura delle Istituzioni – ognuno di noi ha il dovere morale di impegnarsi e collaborare senza “impuntarsi” su profili che, alla luce del contesto, appaiono ahimè quisquilie.

A fronte di medici e paramedici che lottano per salvare vite, mettendo a repentaglio la propria, il minimo che noi professori si possa fare è insegnare ai nostri studenti. Ma assolutamente a distanza; questo sì bisogna pretenderlo (per evidenti ragioni di carattere sanitario), come nel mio piccolo ho fatto io (e devo dire che mi è stato dato massimo ascolto in questa direzione).

Cessata l’emergenza, ritornerà il momento della lotta e della rivendicazione. D’altronde le vertenze giudiziarie già instradate continueranno a fare il loro corso e nulla vieta di introdurne di nuove (anche perché molti casi risultano “urgenti” o sottoposti a termini decadenziali che vanno rispettati). I Tribunali continuano infatti a funzionare quasi regolarmente (checché se ne pensi) …e probabilmente verranno addirittura inondati di contenzioso generato proprio dall’emergenza (si pensi ai licenziamenti nel settore privato). Quindi, per certi versi, è addirittura opportuno non “perdere tempo” ed avviare le vertenze legate a situazioni già sussistenti prima dello scoppio dell’epidemia.

Ma, per tutto il resto, per le quisquilie (nel senso precisato in precedenza), auspico un approccio responsabile da parte di tutti sino a quando non sarà terminata l’emergenza e potremo così, con più vigore di prima, portare avanti ogni tipo di rivendicazione.

Giuseppe Leotta

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