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Se l’azienda “chiude” nelle more del giudizio, al lavoratore illegittimamente licenziato spetta solo il risarcimento del danno

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Se l’azienda “chiude” nelle more del giudizio, al lavoratore illegittimamente licenziato spetta solo il risarcimento del danno

Con Ordinanza n. 1888 del 28 gennaio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha affermato che, qualora nelle more del giudizio di impugnazione del licenziamento sopravvenga un mutamento della situazione organizzativa e patrimoniale dell’azienda tale da non consentirne la prosecuzione, il Giudice non può disporre la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, dovendosi limitare ad accogliere la domanda di risarcimento del danno.

IL FATTO- Il dipendente di un’azienda al quale veniva irrogato il provvedimento di licenziamento per giustificato motivo oggettivo impugnava il provvedimento innanzi al Tribunale competente e chiedeva la reintegra nel proprio posto di lavoro. Il Tribunale disattendeva la domanda del lavoratore, mentre la Corte d’Appello accoglieva l’impugnativa.
La società ricorreva in Cassazione, sostenendo l’impossibilità della reintegrazione a fronte della cessata attività dell’azienda posta in concordato preventivo.

LA DECISIONE DELLA CORTE-  La Suprema Corte di Cassazione ha affermato in via preliminare che la reintegra è un effetto della pronuncia emessa ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori estranea all’esercizio dei diritti potestativi del datore che, dunque,  in ogni momento può dedurne la totale o parziale inapplicabilità al caso oggetto di lite.

Ad avviso del Collegio, infatti, le tutela reale del posto di lavoro non può spingersi fino ad escludere la possibile incidenza di successive vicende determinanti l’estinzione del vincolo obbligatorio, come la sopravvenuta materiale impossibilità totale e definitiva di adempiere l’obbligazione, ravvisabile nella cessazione totale dell’attività aziendale che costituisce una vera e propria causa impeditiva dell’ordine di reintegrazione.

Su tali presupposti, dunque, la Suprema Corte ha accolto il ricorso della società datrice.

Il testo completo della decisione: Cassazione civile, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 1888 del 2020

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