Sedi

00195 Roma – Via Buccari, 3

Contatti

È legittimo il trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale

  /  Giurisprudenza   /  È legittimo il trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale

È legittimo il trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale

Con Ordinanza n. 27345 del 24 ottobre 2019, la Suprema Corte, Sez. Lavoro, ha ritenuto la legittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale del lavoratore quando la permanenza di questi in una data sede/unità produttiva generi tensioni o contrasti tali da compromettere il buon andamento dell’ufficio.

IL FATTO – Un lavoratore impugnava giudizialmente il proprio trasferimento ad altra sede, lamentando la natura disciplinare del provvedimento, atteso che il datore aveva disposto tale trasferimento a seguito di una contestazione che gli veniva mossa. Il Tribunale di prime cure accoglieva il ricorso del lavoratore, mentre in secondo grado il Collegio affermava la legittimità del provvedimento datoriale. Il dipendente ricorreva, dunque, innanzi alla Suprema Corte di Cassazione.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE – La Suprema Corte affermando, in via preliminare, che il trasferimento per incompatibilità aziendale/ambientale trova la propria ratio nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva e, dunque, dev’essere ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive del datore e non a quelle punitive e disciplinari, ha confermato la sentenza di secondo grado.

Ad avviso del Collegio, infatti, la sussistenza di una situazione di incompatibilità tra il dipendente ed i colleghi che generi tensioni personali o contrasti nell’ambiente di lavoro comportanti disorganizzazione e disfunzione, concretizza un’oggettiva esigenza di modifica del luogo della prestazione e dev’essere valutata ai sensi dell’art. 2103 c.c. Ne consegue, dunque, che in tali circostanze la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento prescinde dalla colpa dei lavoratori trasferiti o dalla violazione di doveri d’ufficio da parte dei medesimi e non richiede l’osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari.

Sulla scorta di tali principi, pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore trasferito.

Testo completo della decisione:Cassazione civile, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 27345 del 2019

css.php